Castelmezzano - Potenza
Adelma. Le città invisibili - Italo Calvino
Mai nei miei viaggi m'ero spinto fino a Adelma. Era l'imbrunire quando
vi sbarcai. Sulla banchina il marinaio che prese al volo la cima e la
legò alla bitta somigliava a uno che era stato soldato con me, ed era
morto. Era l'ora del mercato del pesce all'ingrosso. Un vecchio caricava
una cesta di ricci su un carretto; credetti di riconoscerlo; quando mi
voltai era sparito in un vicolo, ma avevo
capito che somigliava a un pescatore che, già vecchio quando io ero
bambino, non poteva più essere tra i vivi. Mi turbò la vista di un
malato di febbri rannicchiato per terra con una coperta sulla testa: mio
padre pochi giorni prima di morire aveva gli occhi gialli e la barba
ispida come lui tal quale. Girai lo sguardo; non osavo fissare più
nessuno in viso.
Pensai: "Se Adelma è una città che vedo in sogno,
dove non s'incontrano che morti, il sogno mi fa paura. Se Adelma è una
città vera, abitata da vivi, basterà continuare a fissarli perché le
somiglianze si dissolvano e appaiano facce estranee, apportatrici
d'angoscia. In un caso o nell'altro è meglio che non insista a
guardarli".
Un'erbivendola pesava una verza sulla stadera e la
metteva in un paniere appeso a una cordicella che una ragazza calava da
un balcone. La ragazza era uguale a una del mio paese che era impazzita
d'amore e s'era uccisa. L'erebivendola alzò il viso: era mia nonna.
Pensai:"Si arriva a un momento nella vita in cui tra la gente che si è
conosciuta i morti sono più dei vivi. E la mente si rifiuta d'accettare
altre fisionomie, altre espressioni: su tutte le facce nuove che
incontra, imprime i vecchi calchi, per ognuna trova la maschera che
s'adatta di più".
Gli scaricatori salivano le scale in fila, curvi
sotto damigiane e barili; le facce erano nascoste da cappucci di sacco;
"Ora si tirano su e li riconosco", pensavo, con impazienza e con paura.
Ma non staccavo gli occhi da loro; per poco che girassi lo sguardo sulla
folla che gremiva quelle straducole, mi vedevo assalito da facce
inaspettate, riapparse da lontano, che mi fissavano come per farsi
riconoscere, come per riconoscermi, come se mi avessero riconosciuto.
Forse anch'io assomigliavo per ognuno di loro a qualcuno che era morto.
Ero appena arrivato ad Adelma e già ero uno di loro, ero passato dalla
loro parte, confuso in quel fluttuare d'occhi, di rughe, di smorfie.
Pensai:"Forse Adelma è la città cui si arriva morendo e in cui ognuno
ritrova pe persone che ha conosciuto. E' segno che sono morto anch'io".
Pensai anche:"E' segno che l'aldilà non è felice".
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