il volo dell'angelo tra Castelmezzano e Pietrapertosa - PZ
Armilla. Le città invisibili - Italo Calvino
Se
Armilla sia cosí perché incompiuta o perché demolita, se ci sia dietro
un incantesimo o solo un capriccio, io lo ignoro. Fatto sta che non ha
muri, né soffiti, né pavimenti: non ha nulla che la faccia sembrare una
città, eccetto le tubature dell'acqua, che salgono verticali dove
dovrebbero esserci le case e si diramano dove dovrebbero esserci i
piani: una foresta di tubi che finiscono in
rubinetti, docce, sifoni, troppopieni. [...] Si direbbe che gli
idraulici abbiano compiuto il loro lavoro e se ne siano andati prima
dell'arrivo dei muratori; oppure che i loro impianti, indistruttibili,
abbiano resistito a una catastrofe, terremoto o corrosione di termiti.
Abbandonata prima o dopo essere stata abitata, Armilla non può dirsi
deserta. A qualsiasi ora, alzando gli occhi tra le tubature, non è raro
scorgere una o molte giovani donne, snelle, non alte di statura, che si
crogiolano nelle vasche da bagno, che si inarcano sotto le docce sospese
sul vuoto, che fanno abluzioni, o che s'asciugano, o che si profumano, o
che si pettinano i lunghi capelli allo specchio. [...] La spigazione
cui sono arrivato è questa: dei corsi d'acqua incanalati nelle tubature
d'Armilla sono rimaste padrone ninfe e naiadi. Abituate a risalire le
vene sotterranee, è stato loro facile inoltrarsi nel nuovo regno
acquatico, sgorgare da fonti moltiplicate, trovare nuovi specchi, nuovi
giochi, nuovi modi di godere dell'acqua. Può darsi che la loro invasione
abbia scacciato gli uomini, o può darsi che Armilla sia stata costruita
dagli uomini come un dono votivo per ingraziarsi le ninfe offese per la
manomissione delle acque. Comunque, adesso sembrano contente, queste
donnine: al mattino si sentono cantare.
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