Omar Ortiz - Anatomia de la luz
Eroidi - Ovidio - Eroidi. Ermione a Oreste
Io,
Ermione, mi rivolgo a te, una volta cugino e marito, ora solo cugino:
il nome di marito spetta ad un altro. Pirro, figlio di Achille,
tracotante a modello del padre, mi tiene segregata contro ogni legge e
principio religioso. Per quanto mi fu possibile lo respinsi, perché non
mi trattenesse col mio consenso: le mie mani di donna non furono in
grado di fare altro. "Cosa fai, Eacide?
Ho chi mi protegge!", dissi. "Questa fanciulla che vuoi per te, ha già
un suo signore!". Egli, più sordo del mare, mi trascinò a casa sua, con i
capelli scomposti, mentre invocavo il nome di Oreste. Cosa avrei dovuto
sopportare di più tremendo come schiava, se un'orda di barbari avesse
invaso Sparta e rapito le donne greche? L'Acaia vittoriosa maltrattò
meno duramente Andromaca, quando il fuoco dei Danai bruciò le ricchezze
della Frigia. Ma tu, Oreste, se senti una affettuosa sollecitudine nei
miei confronti, rivendica con coraggio i tuoi diritti! O forse, se
qualcuno ti ruba il bestiame rinchiuso nella stalla, sei pronto a
prendere le armi, e se ti rapiscono tua moglie non reagisci? Ti sia
d'esempio tuo suocero che ha reclamato la moglie rapita: la donna fu per
lui giusta causa di una guerra; se mio padre fosse rimasto inerte a
piangere nella reggia vuota, mia madre sarebbe ancora moglie di Paride,
com'era prima. E non predisporre mille navi e vele sinuose, né plotoni
di soldati greci: vieni di persona! Dovevo essere rivendicata anch'io
così; non è vergognoso che un marito sostenga dure lotte a difesa del
matrimonio che gli è caro. Non abbiamo forse in comune il nonno, Atreo,
figlio di Pelope, e quindi, anche se tu non fossi mio marito, resti
comunque mio cugino? Come marito, ti prego, vieni in aiuto alla sposa,
come cugino, alla cugina: a doppio titolo sei sollecitato al tuo dovere.
Tindaro, autorevole guida per età ed esperienza, mi consegnò a te: mio
nonno aveva il potere di disporre della nipote. Ma mio padre, all'oscuro
di quel fatto, mi promise all'Eacide: mio nonno però, che lo precede
nella gerarchia, aveva anche più potere di lui. Quando ero promessa a
te, la mia fiaccola nuziale non recava danno a nessuno; se mi unirò a
Pirro, tu subirai un oltraggio da parte mia. Anche Menelao, mio padre,
perdonerà il nostro amore: egli stesso è stato vittima dei dardi del dio
alato; accorderà al genero l'amore che si è a sua volta concesso:
l'amore per mia madre ci gioverà col suo esempio. Tu per me sei quel che
mio padre è per mia madre: Pirro assume il ruolo che un tempo assunse
l'ospite dardanio. Si inorgoglisca pure smisuratamente per le imprese di
suo padre, anche tu hai da riferire le gesta di tuo padre. Era lui,
discendente di Tantalo, il capo di tutti e di Achille stesso: questi era
solo un membro dell'esercito, quello il capo supremo dei capi. Anche tu
hai come antenato Pelope e se conti come medio il padre di Pelope,
sarai quinto a partire da Giove. E non sei privo di coraggio: hai
impugnato le armi per compiere azioni odiose. Ma cosa potevi fare? Te le
ha fatte indossare tuo padre. Vorrei che tu avessi mostrato il tuo
coraggio in una più degna circostanza; ma l'occasione per la tua azione
non la scegliesti tu, ti fu imposta. Tuttavia la portasti a termine ed
Egisto, con la gola squarciata, imbrattò di sangue la reggia, come prima
tuo padre. L'Eacide ti biasima e fa passare per un delitto un'azione
meritevole; ciononostante sostiene il mio sguardo. Io mi sento
esplodere, e mi ribolle il volto insieme al cuore e mi duole il petto,
bruciato dal fuoco che c'è dentro. Qualcuno in presenza di Ermione
calunnia Oreste? Io non ho forze né una spada minacciosa al mio fianco! È
vero, mi è concesso piangere; col pianto do sfogo alla rabbia, e le
lacrime scendono giù sul mio petto, come un fiume. Ho sempre solo
queste, e sempre ne verso. Le mie guance sciupate sono bagnate da una
fonte inesauribile. Forse per un destino della stirpe, che si trascina
fino ai nostri giorni, noi donne discendenti di Tantalo siamo esposte al
rapimento? Non starò a raccontare gli inganni del cigno fluviale, né
lamenterò che Giove si sia nascosto sotto quelle piume. Là, dove l'Istmo
che si protende per lungo tratto, separa i due mari, Ippodamia fu
portata via dal carro di uno straniero. A Castore di Amicle e
all'amicleo Polluce, fu restituita dalla città di Mopsopo la sorella,
nata presso il Tenaro. La Tenaride, trascinata oltre il mare dall'ospite
dell'Ida, spinse alle armi, in sua difesa, le milizie argoliche.
Veramente me ne ricordo appena, ma lo ricordo: tutto era pianto, tutto
era pieno di angoscia e di timore. Piangeva il nonno, e la sorella Febe e
i fratelli gemelli, Leda pregava gli dèi ed il suo Giove. Anch'io,
strappando anche allora i miei capelli corti, gridavo: "Senza di me,
senza di me, mamma, te ne vai?". Il marito infatti era lontano. E perché
non si creda che io non sono della stirpe di Pelope, ecco che divenni
la preda destinata a Neottolemo. Oh se il Pelide avesse scansato l'arco
di Apollo! Il padre avrebbe disapprovato le azioni arroganti del figlio.
Non piacque un tempo ad Achille, né gli piacerebbe ora, che un marito
pianga, perché privato della sposa che gli è stata sottratta. Quale mia
offesa ha reso ostili gli dèi? Di quale astro in opposizione,
sventurata, dovrei lamentarmi? Da piccola rimasi senza mia madre, mio
padre era in guerra e, benché vivessero tutti e due, ero priva di
entrambi. Nella mia infanzia, madre mia, non potei pronunciare per te
parole tenere col mio balbettio di bambina; non mi appesi al tuo collo
con le mie piccole braccia, né mi sedetti, dolce peso, in grembo a te.
Non ti preoccupasti della mia educazione e, promessa sposa, non feci
ingresso nel nuovo talamo istruita da mia madre. Quando sei tornata ti
venni incontro ma - sarò sincera - non conoscevo il volto di mia madre:
intuii tuttavia che tu eri Elena, perché eri bellissima; tu stessa
domandavi quale fosse tua figlia. Ho avuto in sorte un unico bene:
Oreste, mio marito; ma mi sarà tolto anche lui, se non combatte a suo
vantaggio. Pirro mi tiene prigioniera, anche se mio padre è tornato ed è
vincitore; questo è il regalo che mi ha portato la distruzione di
Troia! Eppure quando il Titano sovrasta nel cielo con i suoi cavalli
sfolgoranti, io, infelice, sono preda di un dolore meno schiacciante; ma
quando la notte mi tiene rinchiusa nel talamo a urlare e a piangere le
mie amarezze e mi sono gettata sul mio letto di dolore, gli occhi mi
servono a far sgorgare le lacrime, non a dormire, e, per quanto mi è
possibile, fuggo da quest'uomo come da un nemico. Spesso sono stordita
dalla disperazione e, dimentica di dove mi trovo e perché, tocco
inconsapevolmente con la mano il corpo dello Sciro; ma appena mi rendo
conto del sacrilegio commesso, abbandono quel colpevole contatto e mi
sembra di avere le mani infette. Spesso, al posto del nome di
Neottolemo, mi sfugge il nome di Oreste ed amo l'errore della mia voce
come un presagio. Giuro per la mia stirpe sfortunata e per il
progenitore della stirpe, che fa tremare mari e terre ed il suo regno,
per le ossa di tuo padre, mio zio, che devono a te se giacciono nella
tomba, vendicate così coraggiosamente: o io morirò prematuramente e mi
spegnerò nella prima giovinezza o io, discendente di Tantalo, sarò sposa
del discendente di Tantalo.
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