Dario
Bellezza, alla cui opera ancora non è stato dato il giusto rislato, si colloca
tra i più grandi poeti contemporanei, ha sempre riscosso grandi apprezzamenti dal
mondo della cultura italiana e internazionale. Ricorreva spesso all'ironia, al
sarcasmo talvolta feroce, ed ai paradossi, per narrare i temi a lui cari: la morte,
l'impegno sociale, la cecità del potere, il degrado non solo morale, la
provvisorietà dell'esistenza. Lo faceva raccogliendo per strada episodi del
quotidiano, sensazioni piccole e grandi e, mirabilmente, trasformava tutto in
versi per comporre poesie dalla maestosità smisurata. La sua unica diversità
era la grandezza della poesia che ha raccontato e del suo animo. (e.m.)
Fuori di me – Dario Bellezza
Alla follia,
non badate, datemi retta!
Pensate
piuttosto ai nuovi ritmi in cui
immergere la
vostra vita perduta dietro
l'apparenza
delle cose. Cercate l'immortalità,
l'eterna
questione del mare splendente
dentro il sole
di giugno che diventa nero
a notte e
scompare nelle tenebre. Io
dimenticato
relitto di una civiltà
passata sono
il solo che piango i defunti
miraggi di
un'età morta e ancora
coprendomi
di ridicolo scrivo lettere
d'amore a
traditi amori di un'epoca trascorsa,
la
giovinezza, e ricordo lo studente
che piegava
la sua retta immagine
a misurare
l'angolo della sua carnale diversità,
a versare
nel seno asciutto di una madre
occasionale
la solitudine futura dei suoi
giorni tutti
uguali. Lasciatevi andare
verso il
mare della vita! Assaporatene
la musica
sbiadita, e trionfatore sarà
solo il
Tempo e il suo nero oltraggio, la Morte!
Mentre io
ancora scriverò che il poeta
chiude in
stremate parole il suo cervello
mirando il
muro in alto della sua stanza
e le poesie scivoleranno
via, senza pietà,
e nessun Dio
le registra, incarnandosi
per un
attimo.
Il ritmo non
sa di mirtillo acerbo
e piegarsi
sulla bianca pagina di un diario
il meglio
dell'ispirazione fa in un fiato
dileguare.
Chiamatemi
così: pazzo, deserto testimone
di un
deserto da percorrere in una torrida
estate,
senza acqua raccolta nella gobba
di un
domestico dromedario, e la mia poesia
definitela
con crudeltà e livore come lubrica,
oscena,
interessata e manigolda consigliera
di sventura
o furto di anime giovanili
in cerca di
nuove reincarnazioni.
Sappiate
però che brucio di gioia, di allegria
feroce
dentro la mia casa buia, prigioniero
di
calamitose idee, slabbrando la mia merda
in privata
visione senza lo scempio
di immagini
e talenti altrui. Sono un genio
geniale che
la vita spassa da un dolore all'altro,
teatrale,
senza ferite apparenti che non siano
d'amore,
piaghe purulente lasciate da una donna
fatale che
nessuno conosce. Slabbro la mia
merda in
privata visione: ghirigori
collettivi e
birbanti. Muratemi
in una
galera con la bibbia e i santi.
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