di Amalia Marmo
Fili di memoria
Prefazione di Franco Trifuoggi
Postfazione di Teresa Gentile
Archivia Editrice - Rotondella (MT), 2010
“Non si cancella / il tempo delle scuole / tuffate in
un gomitolo di vie, / traboccanti miele, / (...)”.
Quasi un
monito è l’incipit con il quale ha inizio un viaggio bellissimo attraverso trentanove
stanze, dove ci conduce la poetessa
Amalia Marmo. È un viaggio in equilibrio tra i ricordi legati tra loro e al
presente dai fili sottili eppure indissolubili poiché i ricordi siamo noi stessi
e il microcosmo che ci circonda il tempo della nostra vita fatto di incontri,
persone, luoghi e sentimenti. Il lettore, quasi fosse un acrobata sul trapezio,
si afferra ai momenti che hanno segnato la vita di Amalia Marmo ma che sono
equiparabili a qualsiasi vissuto.
L’immediata
sintonia che si stabilisce con le poesie di Mnemosyne può farle apparire
semplci ma si tratta di versi dalla ricercatezza raffinata e lo si denota dal
ritmo, dalle parole in costante equilibrio tra loro e con l’atmosfera che
descrivono, quasi fossero pennellate leggere di un affresco che rappresenta l’insieme
delle stanze attraversate dai tanti io che siamo stati. Prerogativa, questa,
di chi ama la poesia e la bellezza delle parole, di chi possiede la curiosità
dell’approfondimento culturale ed è spinto dalla ricerca incessante del bello.
La poetessa
canta la bellezza che ognuno di noi ha attraversato, senza quasi accorgersene
ma è dentro di noi, sedimentata in ogni fibra; sono i ricordi calati nell’immaginazione
dove i profumi sono più intensi, più luminosi i colori, leggere le danze cui ci
si può abbandonare e sfumati appaiono le amarezze e i dolori con i quali
abbiamo dovuto lottare. L’immaginazione, però, ci consente scenari da sogno,
senza ostacoli se non quelli posti dai nostri limiti.
Il vissuto,
il bagaglio che via via è divenuto sempre più capiente senza per questo perdere
la leggerezza dei ricordi rimane con noi indissolubilmente, oltre ogni tramonto.
(...) / ogni piccola cosa / ha il suo tramonto / se il
tempo ritorna / in senso circolare. / (…)
La poetessa,
nella disamina del suo passato, che è lo stesso di tutti, sottolinea la gioia
del ricordo soprattutto quando è scevro dalle tristezze e perciò più libero di
librarsi fin dove lo conduce la forza dell’immaginazione.
“Ed io non cercherò / più di tornare / laddove mi
spingeva / la peonia e la betulla / sogni mi donava? / (…)”
Che meraviglia
è la domanda iniziale della poesia che conclude il viaggio e che bella la
conclusione nell’iperbole dell’affermazione “pur
anche”!!!
“(…) / L’unica realtà che / conoscessi era pur anche /
quella dei fantasmi.”
Pubblico qui
la prima e l’ultima delle poesie che compongono la raccolta con una considerazione.
Raramente trovo un’immediata sintonia con le poesie che leggo, raramente ho l’impressione
di entrare nei versi per contemplarli in tutta la loro bellezza. Questo mi è
accaduto nel leggere “L’unica realtà”.
Un grazie, quindi alla poetessa Amalia Marmo che sa regalare bellissime
sensazioni.
Enzo Montano
Mnemosyne
Non si cancella
il tempo delle scuole
tuffate in un cunicolo
di vie,
traboccanti di miele,
acerbe come febbraio
di strenuo calore,
privilegiati gli orti
di attesa rimembranza
d’aprile.
L’unica
realtà
Ed io non cercherò
più di tornare
laddove mi spingeva
la peonia e la betulla
sogni mi donava?
Distratto l’universo
mi stringeva,
concretizzava gli argini,
ed anche il finimondo
mi parlava
sceglieva gli attimi e
poi li ribaltava
in un confine
senza onnipresenza
seppure l’illusione
mi bastava.
Tranquilla e speranzosa
ramificava, così che
sotto i fiori di betulla
venivano danzando
ed io sul pari
prendevo le distanze.
L’unica realtà che
conoscessi era pur anche
quella dei fantasmi.
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