8 dicembre 2014

... quanto gli déi rappresentano: nulla.

Giovanni Battista Tiepolo - Suicidio di Aiace Telamonio.

Aiace - Pandelis Bukalas


Né le armi di Achille

né il Palladio.

Non pretesi nulla.

Non era per questo che combattevo

-le armi sono inutili nell’Ade,

e le statue degli dèi

valgono, finalmente, quanto gli déi rappresentano:

nulla.

È la mia sorte che combattevo,

e gli dèi, senza un padrone, che la determinano.

Il loro non avere un padrone mi inveleniva

mi faceva vergognare.

Così cancellai dal mio scudo

il volto di Atena,

senza ira, con tutta calma.

Non volevo alcun protettore,

nessun dio miracoloso che piegasse

la lancia del mio nemico

o deviasse la sua freccia.

Volevo una gloria tutta mia, non un regalo.



Io e il mio corpo.

Nessun altro.

Quando mi gettavo nella mischia cruenta,

quando massacravo e mi massacravano.

Solo. Splendidamente solo.

È ridicolo dire che mi sia gettato fra le greggi argive

perché la dea mi aveva obnubilato la mente,

sconvolta forse dalla gelosia

per i premi che non mi avevano dato,

come dovuto.

La mia vita è il premio.

L’unico.

Che altro?



E quando fissavo la spada in terra

e quando nudo vi conficco il corpo,

è come se lo vedessi al di fuori di me,

e quando scelgo come varco per la spada

l’unico punto vulnerabile del corpo,

l’ascella

- mi aveva donato l’immortalità incompleta

l’invidioso Zeus,

ascoltando disattento la preghiera di suo figlio

Eracle –

lo scelgo in tutta calma.

Perché l’unica acquisizione è la mia vita.

Breve? Ma mia. La determino.

Sto per finirla,

era già sancito il mio nome

per i molti ahi della mia pena.

Prima che prendano la decisione finale

gli dèi e le dee

e altre casuali nullità

giocando con le loro bilance e i loro stami,

voglio la mia fine.



E mentre mi godevo l’estremo respiro,

e Menelao, miserabile, ordinava

di gettarmi sul lido,

perché mi dilaniassero gli uccelli,

chiesi – estrema e prima richiesta –

che mio fratello sentisse, come garante,

che non mi fossi bruciato, che non mi incenerissero,

chiesi solo che il mio cadavere fosse ornato integro

che integro il mio corpo senz’armi fosse pianto

e onorato. Monumento d’uomo.

L’unico premio della mia vita.

L’unico modo per ribellarmi

a ciò che determinarono come sorte. E a quelli.

Da solo decisi il mio viaggio

nel più splendido erebo.

Quale altra libertà è più desiderabile?

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