Jean-Leon Gerome - The Almeh with pipe Nude Woman Bathing
Ho i fiori in braccio, il vino tra le mani e l’amato mi abbraccia - Hāfez
Ho i fiori in braccio, il vino tra le mani e l’amato mi abbraccia,
in siffatto giorno diventa mio servo il sovrano del mondo.
Non portate alcuna fiamma stanotte all’incontro nostro,
ché piena nel convivio è la luna, nel volto dell’amico nostro.
Lecito è il vino nella nostra religione, eppure vietato
quel vino senza il tuo volto, o cipresso dal corpo fiorito!
Sempre io ascolto le note melodiose del flauto e della lira,
e seguono i miei occhi il rubino delle labbra e il giro della coppa.
Non spargere profumi nel convivio nostro, ché odorose diventano
attimo dopo attimo le nostre narici con i tuoi capelli.
Non chiedermi di saggiare delicate dolcezze di zucchero
perché io muoio dalla voglia di baciare le tue dolci labbra.
Finché stabile dimora farà l’oro d’angoscia nel mio cuore distrutto,
sarà sempre casa mia il vicolo di ogni perdizione.
Di quale vergogna mi parli, se questa è la mia gloria?
E perché mi chiedi della gloria, se non ho alcuna vergogna?
Siamo folli e liberi quando beviamo vino e giochiamo agli sguardi,
quando troverai in questa città qualcuno diverso da noi?
Non parlate male di me al guardiano dei costumi, anche lui
di continuo come noi sta cercando un piacere senza fine.
Hâfez, non sedere mai senza il vino e senza amato,
sono questi i giorni della rosa e del gelsomino, quando il digiuno si spezza.
Ho i fiori in braccio, il vino tra le mani e l’amato mi abbraccia,
in siffatto giorno diventa mio servo il sovrano del mondo.
Non portate alcuna fiamma stanotte all’incontro nostro,
ché piena nel convivio è la luna, nel volto dell’amico nostro.
Lecito è il vino nella nostra religione, eppure vietato
quel vino senza il tuo volto, o cipresso dal corpo fiorito!
Sempre io ascolto le note melodiose del flauto e della lira,
e seguono i miei occhi il rubino delle labbra e il giro della coppa.
Non spargere profumi nel convivio nostro, ché odorose diventano
attimo dopo attimo le nostre narici con i tuoi capelli.
Non chiedermi di saggiare delicate dolcezze di zucchero
perché io muoio dalla voglia di baciare le tue dolci labbra.
Finché stabile dimora farà l’oro d’angoscia nel mio cuore distrutto,
sarà sempre casa mia il vicolo di ogni perdizione.
Di quale vergogna mi parli, se questa è la mia gloria?
E perché mi chiedi della gloria, se non ho alcuna vergogna?
Siamo folli e liberi quando beviamo vino e giochiamo agli sguardi,
quando troverai in questa città qualcuno diverso da noi?
Non parlate male di me al guardiano dei costumi, anche lui
di continuo come noi sta cercando un piacere senza fine.
Hâfez, non sedere mai senza il vino e senza amato,
sono questi i giorni della rosa e del gelsomino, quando il digiuno si spezza.
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