Cliff at Etretatb - Gustave Courbet
Ode al giorno inconseguente – Pablo Neruda
Argentato pezzo
di coda
arancione,
giorno del mare,
cambiasti
ogni ora
il vestito,
la sabbia
fu celeste,
azzurra
fu la tua cravatta,
in una nube
i tuoi piedi
erano schiuma
e dopo
totale
fu il volo verde
della pioggia
sui pini:
una raffica di acciaio
spazzò
le speranze
dell’Ovest,
l’ultima o la prima
rondine
brillò bianca e azzurra,
come un revolver,
come un orologio notturno
solamente il cielo
conservò una lancetta
di platino,
turgido e nero il mare
coprì il suo cuore
con velluto
mostrando improvvisamente
l’innevato anello
o l’increspata
rosa del suo radiante delirio.
Tutto questo
lo guardai
inquietamente fisso
nella mia finestra
scambiando le scarpe
per andare per la sabbia
piena d’oro
o immergermi nell’umidità, tra le foglie
dell’eucalipto rosso,
curvi come pugnali di Corinto,
e non posso
sapere
se l’Arcobaleno,
che come una bandiera messicana
crebbe verso Cartagena,
era annuncio
di dolce luce
o torre di tenebre.
Un frammento
di nuvola
come resto volante
di camicia
girava
nell’ultima soglia
del panico celeste.
Il giorno
tremò da lato a lato,
un lampo
corse come una lucertola
tra i paramenti
della selva
e d’improvviso cadde tutta la rugiada
perdendosi nella polvere
il diadema selvaggio.
Tra le nubi e la terra
improvvisamente
il sole
depositò il suo uovo sodo,
bianco, liscio, ostinato,
e un gallo verde
e alto
come un pino
cantò, cantò
come se sgranasse
tutto il mais del mondo:
un fiume,
un fiume biondo
entrò per le finestre
più oscure
e non la notte, non la tempestosa
chiarezza indecisa
si stabilì sulla terra,
ma semplicemente
un giorno in più,
un giorno.
Argentato pezzo
di coda
arancione,
giorno del mare,
cambiasti
ogni ora
il vestito,
la sabbia
fu celeste,
azzurra
fu la tua cravatta,
in una nube
i tuoi piedi
erano schiuma
e dopo
totale
fu il volo verde
della pioggia
sui pini:
una raffica di acciaio
spazzò
le speranze
dell’Ovest,
l’ultima o la prima
rondine
brillò bianca e azzurra,
come un revolver,
come un orologio notturno
solamente il cielo
conservò una lancetta
di platino,
turgido e nero il mare
coprì il suo cuore
con velluto
mostrando improvvisamente
l’innevato anello
o l’increspata
rosa del suo radiante delirio.
Tutto questo
lo guardai
inquietamente fisso
nella mia finestra
scambiando le scarpe
per andare per la sabbia
piena d’oro
o immergermi nell’umidità, tra le foglie
dell’eucalipto rosso,
curvi come pugnali di Corinto,
e non posso
sapere
se l’Arcobaleno,
che come una bandiera messicana
crebbe verso Cartagena,
era annuncio
di dolce luce
o torre di tenebre.
Un frammento
di nuvola
come resto volante
di camicia
girava
nell’ultima soglia
del panico celeste.
Il giorno
tremò da lato a lato,
un lampo
corse come una lucertola
tra i paramenti
della selva
e d’improvviso cadde tutta la rugiada
perdendosi nella polvere
il diadema selvaggio.
Tra le nubi e la terra
improvvisamente
il sole
depositò il suo uovo sodo,
bianco, liscio, ostinato,
e un gallo verde
e alto
come un pino
cantò, cantò
come se sgranasse
tutto il mais del mondo:
un fiume,
un fiume biondo
entrò per le finestre
più oscure
e non la notte, non la tempestosa
chiarezza indecisa
si stabilì sulla terra,
ma semplicemente
un giorno in più,
un giorno.
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