Joseph Mallord William Turner - La stella della sera, 1830, olio su tela, 92,5×123 cm, National Gallery, Londra
Ode a una stella – Pablo Neruda
Affacciato di notte
sulla terrazza
di un grattacielo altissimo e amaro
potei toccare la volta notturna
e in un atto di amore straordinario
mi impadronii di una celeste stella.
Scura era la notte
e io mi facevo scivolare
per la strada
con la stella rubata in una tasca.
Di cristallo tremolante
sembrava
ed era
improvvisamente
come se portasse
un pacchetto di ghiaccio
o una spada di arcangelo nella cintura.
La riposi
timoroso
sotto il letto
perché non la scoprisse nessuno,
ma la luce
attraversò
per primo
la lana del materasso,
poi
le tegole,
il tetto della mia casa.
Scomode
si fecero
per me
le più private attività.
Sempre con questa luce
di astrale acetilene
che palpitava come se volesse
ritornare alla notte,
io non potevo
preoccuparmi di tutti
i miei doveri
e così fu che dimenticai di pagare i miei conti
e restai senza pane né provviste.
Nel frattempo, nella strada,
si ammutinavano
passanti, mondani
venditori
attratti senza dubbio
dal fulgore insolito
che vedevano uscire dalla mia finestra.
Allora
presi
un’altra volta la mia stella,
con attenzione
la avvolsi nel mio fazzoletto
e mascherato tra l’affollamento
potei passare senza essere riconosciuto.
Mi diressi all’ovest,
al fiume Verde,
che lì sotto i salici
è tranquillo.
Presi la stella della notte fredda
e soavemente
la misi sopra le acque.
E non mi sorpresi
che si allontanasse
come un pesce insolubile
muovendo
nella notte del fiume
il suo corpo di diamante.
Affacciato di notte
sulla terrazza
di un grattacielo altissimo e amaro
potei toccare la volta notturna
e in un atto di amore straordinario
mi impadronii di una celeste stella.
Scura era la notte
e io mi facevo scivolare
per la strada
con la stella rubata in una tasca.
Di cristallo tremolante
sembrava
ed era
improvvisamente
come se portasse
un pacchetto di ghiaccio
o una spada di arcangelo nella cintura.
La riposi
timoroso
sotto il letto
perché non la scoprisse nessuno,
ma la luce
attraversò
per primo
la lana del materasso,
poi
le tegole,
il tetto della mia casa.
Scomode
si fecero
per me
le più private attività.
Sempre con questa luce
di astrale acetilene
che palpitava come se volesse
ritornare alla notte,
io non potevo
preoccuparmi di tutti
i miei doveri
e così fu che dimenticai di pagare i miei conti
e restai senza pane né provviste.
Nel frattempo, nella strada,
si ammutinavano
passanti, mondani
venditori
attratti senza dubbio
dal fulgore insolito
che vedevano uscire dalla mia finestra.
Allora
presi
un’altra volta la mia stella,
con attenzione
la avvolsi nel mio fazzoletto
e mascherato tra l’affollamento
potei passare senza essere riconosciuto.
Mi diressi all’ovest,
al fiume Verde,
che lì sotto i salici
è tranquillo.
Presi la stella della notte fredda
e soavemente
la misi sopra le acque.
E non mi sorpresi
che si allontanasse
come un pesce insolubile
muovendo
nella notte del fiume
il suo corpo di diamante.
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