Danza di
marinai - Edith Sitwell
Giungono marinai in folla
al suon dei tamburi
fuori dalle mura di Babilonia,
Cavallucci di legno
spumano, un torvo
cielo come un rinoceronte offeso
osservava il rollio dei frangenti
sui loro cavalli a dondolo e con Glauco,
Madama Venere sul sofà del mare in
lana di cavallo!
Proprio dove Lord Tennyson aveva
scritto con l’alloro in capo un Gloria gratis,
a bordo di un iceberg boreale giunse
Vittoria; ella
sapeva che la grande statua in
memoria del Principe Alberto riflette i colori dei vivai fioriti
e dell’iceberg boreale; continuando
a navigare vedono
appena nata dalle acque Madame Vénus per il cui amore di lontano
si mise in marcia l’Imperatore
ciccione e a strisce zebrate di Zanzibar,
dove come tanti splendidi mazzi di
fiori sorgono Asia, Africa e Catai,
tutti gettati ai piedi di
quell’ambigua signora dal gottoso Scià.
Venne Capitan Fracassa, robusto e
solido come una botte per l’acqua piovana, si accompagnò
a Ser Bacco nel tracannare coppe di
nero sangue di negra uva
colta tra le vigne in tessuto
scozzese
sotto un vento peloso il cui dolore
la vecchiaia
non riusciva a disseccare – come
scoiattolo con una noce d’oro.
La Regina Vittoria seduta
scandalizzata sul cavalluccio
di un’onda, disse al poeta laureato:
«Questo visone naturalmente
è furbo come una lince e più nero di
quel vino e quasi
caldo come un ottentotto, senza
esagerare!
«Davvero, il visone,
ella disse,
e il vino,
potete dirlo anche voi,
tengono caldi come un ottentotto
e... via! non è roba per me!».
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