da Un uomo tranquillo – Maurice Walsh
C’era sgomento negli sguardi che noi uomini ci scambiavamo; e quando gli occhi di lei si fermarono sui miei vi sprofondarono per uno straziante secondo. Poi abbassò lo sguardo al suolo, e il colore che vi era fluito lentamente sulle guance rifluì più lentamente. Capii che era intimorita dai suoi stessi pensieri, e che i suoi pensieri erano quelli di una donna e niente affatto quelli relativi al problema postole.
Ancora immersa in quell’oscura meditazione si avvicinò al fratello e lo prese per il bavero del cappotto.
«Archie, ho paura.»
«Sciocchezze, Margaid!» Le diede una leggera pacca sulle spalle. «Non c’è niente di cui aver paura.»
«Non capisci. Perché? Ho paura di stare qui… io devo… io voglio andar via. A casa, in Scozia. Qualcosa… qualunque cosa potrebbe accadere. Oh, ma…» Non riusciva più a spiegarsi. «Posso?» Si voltò velocemente verso Hugh Forbes. «Voi non fareste del male a mio fratello, vero?»
Lui fu quasi villano. «Diavolo, ragazza! Niente di quello che voi possiate dire o fare, niente di quello che possano fare tutte le dannate forze britanniche potrebbe mai spingerci a fare del male a vostro fratello. Voi potete decidere liberamente.»
Per un po’ non disse niente, poi sospirò con rassegnazione quasi sconsolatamente.
«No, non posso permettermi niente. Anch’io sono britannica.»
Hugh tirò su due pollici davanti ai suoi occhi. «Voi e vostro fratello siete due cocciuti. Molto bene, britannici! Da ora voi siete due prigionieri.»
Lei assentì con un cenno del capo e gli pose un’ultima domanda. «Prigionieri? Questo vuol dire… prigione?»
«No, mia cara.». Ci potevano essere meravigliose sfumature nella sua voce. «Vi terremo con noi. Stenderemo sotto i vostri piede rossi tappeti e metteremo le nostre mani sooto di essi così che possiate camminare sul morbido.»
Lei guardò i suoi calzoni da equitazione e gli stivali alti fino al ginocchio. «Ma non ho niente da mettere.»
Hugh rise. «Britannica, ma sempre donna dopotutto!Le vostre valigie dovrebbero essere già da Sean Glynn in questo momento.»
«Sei imprudente, Forbes» disse il capitano MacDonald, con un tono di voce che non nascondeva la sua irritazione. «Serviresti meglio la tua causa lasciandoci liberi e poi evacuando i tuoi uomini da questo posto.»
«Il gioco deve essere giocato là dove è posta la scacchiera. Dovresti saperlo, MacDonald.»
«E la scacchiere ti si ribalterà addosso. L’intera vallata verrà setacciata palmo a palmo dalle squadre, anche di soldati. Non potrai trattenerci.»
Hugh allargò il braccio. «Qui c’è la valle dell’Ullachowen, e lì la mia Glounagrianaan che corre verso il mare e là la stretta valle del Garabhmore, e al di là di quella il Lough Aonach e la valle del Dunmore… montagne e valli e laghi, e isole in mezzo ai laghi. Sarete nostri prigionieri.»
«Fuggirò tuo malgrado, per Dio!»
«Lasciamo che si Dio a scegliere. Ti divertirai.»
La ragazza non disse nulla.
C’era sgomento negli sguardi che noi uomini ci scambiavamo; e quando gli occhi di lei si fermarono sui miei vi sprofondarono per uno straziante secondo. Poi abbassò lo sguardo al suolo, e il colore che vi era fluito lentamente sulle guance rifluì più lentamente. Capii che era intimorita dai suoi stessi pensieri, e che i suoi pensieri erano quelli di una donna e niente affatto quelli relativi al problema postole.
Ancora immersa in quell’oscura meditazione si avvicinò al fratello e lo prese per il bavero del cappotto.
«Archie, ho paura.»
«Sciocchezze, Margaid!» Le diede una leggera pacca sulle spalle. «Non c’è niente di cui aver paura.»
«Non capisci. Perché? Ho paura di stare qui… io devo… io voglio andar via. A casa, in Scozia. Qualcosa… qualunque cosa potrebbe accadere. Oh, ma…» Non riusciva più a spiegarsi. «Posso?» Si voltò velocemente verso Hugh Forbes. «Voi non fareste del male a mio fratello, vero?»
Lui fu quasi villano. «Diavolo, ragazza! Niente di quello che voi possiate dire o fare, niente di quello che possano fare tutte le dannate forze britanniche potrebbe mai spingerci a fare del male a vostro fratello. Voi potete decidere liberamente.»
Per un po’ non disse niente, poi sospirò con rassegnazione quasi sconsolatamente.
«No, non posso permettermi niente. Anch’io sono britannica.»
Hugh tirò su due pollici davanti ai suoi occhi. «Voi e vostro fratello siete due cocciuti. Molto bene, britannici! Da ora voi siete due prigionieri.»
Lei assentì con un cenno del capo e gli pose un’ultima domanda. «Prigionieri? Questo vuol dire… prigione?»
«No, mia cara.». Ci potevano essere meravigliose sfumature nella sua voce. «Vi terremo con noi. Stenderemo sotto i vostri piede rossi tappeti e metteremo le nostre mani sooto di essi così che possiate camminare sul morbido.»
Lei guardò i suoi calzoni da equitazione e gli stivali alti fino al ginocchio. «Ma non ho niente da mettere.»
Hugh rise. «Britannica, ma sempre donna dopotutto!Le vostre valigie dovrebbero essere già da Sean Glynn in questo momento.»
«Sei imprudente, Forbes» disse il capitano MacDonald, con un tono di voce che non nascondeva la sua irritazione. «Serviresti meglio la tua causa lasciandoci liberi e poi evacuando i tuoi uomini da questo posto.»
«Il gioco deve essere giocato là dove è posta la scacchiera. Dovresti saperlo, MacDonald.»
«E la scacchiere ti si ribalterà addosso. L’intera vallata verrà setacciata palmo a palmo dalle squadre, anche di soldati. Non potrai trattenerci.»
Hugh allargò il braccio. «Qui c’è la valle dell’Ullachowen, e lì la mia Glounagrianaan che corre verso il mare e là la stretta valle del Garabhmore, e al di là di quella il Lough Aonach e la valle del Dunmore… montagne e valli e laghi, e isole in mezzo ai laghi. Sarete nostri prigionieri.»
«Fuggirò tuo malgrado, per Dio!»
«Lasciamo che si Dio a scegliere. Ti divertirai.»
La ragazza non disse nulla.
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