Kenton Nelson - Rise, 2016, oil on canvas
Ode al gallo - Pblo Neruda
Vidi un gallo
dal piumaggio
castigliano:
da tela nera e bianca
tagliarono
la sua camicia,
i suoi pantaloni corti
e le piume arcuate
della sua coda.
Le sue zampe affondate
in stivali gialli
facevano
brillare gli speroni
provocatori
e
la superba
testa
incoronata
di sangue
si sosteneva
su tutta quella eleganza:
la statua
dell’orgoglio.
Mai
sulla
terra
vidi tale sicurezza,
tale leggiadria:
era
come se il fuoco
inalberasse
la precisione finale
della sua bellezza:
due scuri
scintillii
neri corvini
erano
appena
gli sdegnosi occhi
del gallo
che camminava come
se danzasse
pestando quasi senza toccare la terra.
Ma appena
un chicco
di mais, un frammento
di pane videro i suoi occhi,
li prese nel becco
come un gioielliere
alza
con dita delicate un diamante,
poi
chiamò con gutturali oratorie
le sue galline
e dall’alto lasciò loro cadere
l’alimento.
Presidente non ho visto
con galloni e stelle
adornato
come questo
gallo
che spartiva
frumento,
né ho visto
inaccessibile
tenore
come questo puro
protagonista d’oro
che dal
trono
centrale del suo universo
protesse le donne
della sua tribù
senza vantarsi
ma orgoglioso,
guardando in tutti i lati,
prendendo
l’alimento
dalla terra
solamente
per la sua avida
famiglia,
dirigendo i passi
al sole, ai pendii,
a altro chicco
di frumento.
La tua dignità di torre,
di guerriero
benigno,
il tuo inno
verso le alture
indirizzato,
il tuo rapido
amore, rapimento
si ombre piumate,
celebro,
galla
nero
e bianco,
eretto,
riassunto
della virile integrità campestre,
padre
dell’uovo fragile, paladino
dell’aurora,
uccello della superbia,
uccello senza nido,
che all’uomo
destinò il suo sacrificio
senza sottomettere
la sua stirpe,
né demolire il suo canto.
Non ha bisogno di volo
la tua eleganza,
maresciallo dell’amore
e meteora
a tante eccellenze
dedito,
che sì
questa
ode
cada
nel pollaio
la spiluccherai con disprezzo sommo
e la ripartirai fra le tue galline.
Vidi un gallo
dal piumaggio
castigliano:
da tela nera e bianca
tagliarono
la sua camicia,
i suoi pantaloni corti
e le piume arcuate
della sua coda.
Le sue zampe affondate
in stivali gialli
facevano
brillare gli speroni
provocatori
e
la superba
testa
incoronata
di sangue
si sosteneva
su tutta quella eleganza:
la statua
dell’orgoglio.
Mai
sulla
terra
vidi tale sicurezza,
tale leggiadria:
era
come se il fuoco
inalberasse
la precisione finale
della sua bellezza:
due scuri
scintillii
neri corvini
erano
appena
gli sdegnosi occhi
del gallo
che camminava come
se danzasse
pestando quasi senza toccare la terra.
Ma appena
un chicco
di mais, un frammento
di pane videro i suoi occhi,
li prese nel becco
come un gioielliere
alza
con dita delicate un diamante,
poi
chiamò con gutturali oratorie
le sue galline
e dall’alto lasciò loro cadere
l’alimento.
Presidente non ho visto
con galloni e stelle
adornato
come questo
gallo
che spartiva
frumento,
né ho visto
inaccessibile
tenore
come questo puro
protagonista d’oro
che dal
trono
centrale del suo universo
protesse le donne
della sua tribù
senza vantarsi
ma orgoglioso,
guardando in tutti i lati,
prendendo
l’alimento
dalla terra
solamente
per la sua avida
famiglia,
dirigendo i passi
al sole, ai pendii,
a altro chicco
di frumento.
La tua dignità di torre,
di guerriero
benigno,
il tuo inno
verso le alture
indirizzato,
il tuo rapido
amore, rapimento
si ombre piumate,
celebro,
galla
nero
e bianco,
eretto,
riassunto
della virile integrità campestre,
padre
dell’uovo fragile, paladino
dell’aurora,
uccello della superbia,
uccello senza nido,
che all’uomo
destinò il suo sacrificio
senza sottomettere
la sua stirpe,
né demolire il suo canto.
Non ha bisogno di volo
la tua eleganza,
maresciallo dell’amore
e meteora
a tante eccellenze
dedito,
che sì
questa
ode
cada
nel pollaio
la spiluccherai con disprezzo sommo
e la ripartirai fra le tue galline.
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