9 ottobre 2019

da Cronache di Poveri amanti - Vasco Pratolini

da Cronache di Poveri amanti - Vasco Pratolini

Via dei della Robbia è una strada quieta e pulita. Fuori dalle soglie vi sono gli stoini di rete con tante palline bianche che formano la parola: Salve. Niente fagotti d’immondizia, biche di sterco né cattivi odori. Non alberghi equivoci, non vigilati speciali che la ronda tiene d’occhio. Un ampio respiro di cielo tra le due file di case, e giardini odorosi di magnolia, in questa stagione. La strada olezza, sotto la luna, :Le finestre hanno ante scorrevoli, saliscendi di giunco, persiane intonate alla scialba tura delle facciate. Ogni interno è un’isola di affetti, di interessi bene amministrati: un castello ove la sera si ritira il ponte levatoio. I borghesi che vi abitano non sono gente curiosa come i nostri cornacchiai, non soffrono né slanci né impazienze. Alla testimonianza orale e auricolare preferiscono il resoconto dei giornali: i si dice dell’indomani. Essi risentono inconsciamente le fatiche dei loro avi che fecero la storia: hanno affidato ad altri la difesa delle posizioni conquistate. Le loro stanze suggeriscono l’ordine, l’igiene, le buone maniere, il timor di Dio, il rispetto della Legge. E l’egoismo, la pavidità, la schiavitù mentale che tutto ciò costa, al giorno d’oggi. È una condizione che via del Corno rifiuta, ma nella quale via della Robbia si riconosce e vi trova il suo equilibrio, la sua privata felicità. Non si è quindi spostato un saliscendi, non si è chiusa la porta all’arrivo dei fascisti, non si è accesa la luce allorché nella casa dell’onorevole Bastai sono risuonati quattro colpi di pistola, gli urli di una donna, il pianto dei ragazzi. Hanno il sonno pesante in via Robbia, o il terrore ha paralizzato la gola perfino agli animali domestici? I fascisti sono scesi veloci e sicuri, hanno lanciato un “A noi”, prima di risalire sulla macchina, sono partiti gridando:

All’armi, all’armi!
All’armi, siam fascisti!
La lotta sosterrem fino alla morte!

Il loro canto si è perduto lontano. Vibrano ora al vento, improvvisamente levatosi, le lampade ad arco, nei giardini gli alberi stormiscono, la luna riverbera sulle impannate. E tuttavia le finestre restano chiuse, spente le luci, serrate le porte. Soltanto nella casa dell’onorevole, dalle stanze tutte illuminate come per una festa, provengono singhiozzi disperati, non più gridi: una veglia funebre. La strada è tornata al suo silenzio e al suo deserto, ove quegli spari, quegli urli e il canto, hanno lascito un’eco, una presenza. Vi irrompe, con un ardita sterzata, il sidecar.

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