9 ottobre 2019

L’ultimo pianto di Ur - Hasan Atiya Al Nassar

Felice Casorati - Sonno, 1960, carta su tela, cm 33 x 37,5
L’ultimo pianto di Ur - Hasan Atiya Al Nassar

Mi è sembrata una terra,
era terra,
terra dei Sumeri,
spogliata dei suoi fiumi, nuda.
Mi ha avvicinato la terra d’Iraq,
tradita, già vogliosa di fiori
seminati dai propri cari.
Ho udito le tenebre che difendono i miei morti,
nel mio sangue.
Danza e canti all’alba,
per un addio eterno,
per addormentare il mio sogno.
Cresce e muore il fuoco.
Come è bello, meraviglioso il Mediterraneo,
non ha memoria dei defunti.
Fratello, ti vedo:
non camminare oltre,
il cimitero del mare ti aspetta.
Fango salato, marcio,
il grano spezzato lascia spighe mai più fertili.
Femminilità improduttiva.
Ho visto sudari, come camicie appese a un filo,
aprirsi sotto i raggi di una luna d’argento
che spinge il tramonto
verso l’isola innocente,
che nessuno ha mai calpestato
con i neri stivali di chi sta arrivando.
Spuntano ombre di contadini meridionali,
spuntano reliquie di corpi
che vagano nel fango dell’Iraq.
Così terminano le acque d’Iraq
come termina la luce
della luna d’argento.
Avrei voluto vedere le donne vergini
quando liberano dal loro ventre
bambini che stringono in mano coltelli di marmo.
Avrei voluto ascoltare il pianto del Sud,
come orfani smarriti sul valico montuoso.
Ho ascoltato sorrisi bruciare lo scandalo del fuoco,
tra il sangue e il fango di Ur traditrice,
come la donna che ci inganna sin dall’inizio
prima di abbandonarci sul crocevia del sentiero.
Ur, chi non ti ha conosciuto,
chi non ha conosciuto Abramo, Gilgamesh,
Hasan al Nassar
non può capire cosa sia la sofferenza.
Tu sei Adamo nella luce cieca
e la vita che hai avuto
non è uguale a quella di tutti.
Un’altra vita persa nella battaglia perduta.
Mi sono sembrate le stelle che tradiscono
come vergini stuprate
sotto un tessuto della notte lunare.
Nessun volto assomiglia mai al profilo della luna.
Le vergini liberano fanciulli
che tengono ancora in mano
coltelli di marmo.
Ho visto coltelli galleggiare sopra l’Iraq,
nudo d’acqua,
spogliato,
nudo di valli di fango, terra, sabbia, maiolica,
scontro di alberi con altri alberi,
innamorati con altri innamorati,
poeti con altri poeti,
piante con altre piante,
erbe con altre erbe.
Non saranno più vivi.
Ora è morto l’inno, il canto da una collina vicina.
I sogni terminano
con violenza.
Tristezza nei volti quando inizia il litigio.
Tristezza nei volti nella notte sumerica,
quando ci sarà il canto trionfale,
inno alla gioia.
Vi dico: i tamburi devono conservare il silenzio.
Vi dico: sei Adamo nella luce cieca.
Avrei voluto non ascoltare un’onda triste.
Certo, i grembi gonfi andranno
e torneranno presto al fango di Babilonia.
Porteranno cadaveri di ghiaccio.
State tranquilli, io vi dico, fate calmare la vostra voce,
che la torre di Babele inizia a prendere fuoco,
si stringe la sua cintura e risorgono i morti di Ur.
Figlia di Ur, dove vaghi?
La vita che tu cerchi non la troverai.
Riempi il tuo ventre di bambini.
Ti dovrò dare vesti per il tuo corpo,
pane e cibo, per la tua verginità.
Tu sei un braciere che si estingue nel gelo,
una porta che non sostiene il vento e la tempesta.
Per tutta la vita ti seguirò come straniero,
passo dopo passo, come un’ombra sconosciuta.
Non voglio sentirti come un serpente
che scivola sul mio corpo.
Non ti devi avvicinare dove io sono,
dove io vado non devi andare.
Dove io entro non devi entrare.
Io seguo ogni tuo passo,
uomo di frontiera
stanco di un’altra notte senza frutti.
L’amore è duro, rigido, nudo.
Ebbene, sono già cadute gocce d’acqua.
Grandine sul grano spezzato.
Su un Iraq quieto
il fango sepolcrale si è alzato, nel buio silenzioso,
a coprire il mio corpo,
a uccidermi lentamente.
Il fango sepolcrale sta camminando come il buio.
Io trattengo il fiato o un grido:
perché l’amore era duro anche nel sogno.
La terra tra due fiumi è sembrata spogliata
della sua acqua,
caduta, sconfitta, crollata.
Ho detto addio all’Iraq, ho udito l’inno di Ur traditrice.
Per la battaglia, l’incendio si alzerà lentamente.
È caduta, è caduta Ur, la grande,
il paese che è come vuole essere.

da Il labirinto

Nessun commento:

Posta un commento