9 ottobre 2019

Ode alle alghe dell’oceano – Pablo Neruda

Pablo Picasso - Due donne sulla spiaggia, 1922
Ode alle alghe dell’oceano – Pablo Neruda

Non conoscete forse
gli sgranati
versanti
dell’oceano.
Nella mia patria
è la luce
di ogni giorno.
Viviamo
nel filo
dell’onda,
nell’odore del mare,
nel suo stellato vino.

A volte
le alte
onde
portano
nella palma
di una
grande mano verde
un tessuto
tremante:
la tela
interminabile
delle alghe.
Sono
i vellutati
guanti
dell’oceano,
mani
di soffocati,
stoffa
funeraria,
ma
quando
nell’alto
del muro dell’onda,
nella campana
del mare,
traspariscono,
brillano
come
collane
delle isole,
dilatano
i loro rosari
e la soave turgidità
navale dei suoi capezzoli
si dondola
al peso
dell’aria che le tocca!

Oh spoglie
del gran
busto marino
mai dissotterrato,
chioma
del cielo sottomarino,
barba dei pianeti
che ruotarono
ardendo
nell’oceano.
Galleggiando sopra
la notte e la marea,
tese
come zattere
di pura
perla e gomma,
scosse
da un pesce, dal sole, dal battito
di una sola sirena,
improvvisamente
in una
risata di violenza,
il mare
tra le pietre
del litorale le dimentica
come brandelli
scuri
di bandiera,
come fiori caduti dalla nave.
E lì
le tue mani, le tue pupille
scopriranno
un umido universo di freschezza,
la trasparenza del
grappolo
delle vigne sommerse,
una goccia
del talamo
marino,
dell’ampio letto azzurro
decorato
con scudi d’oro,
cozze minuscole,
verdi protozoi.

Arancioni, ossidate forme
di spatola, di uovo,
di palma,
ventagli
erranti
colpiti
dal-
l’interminabile
movimento
del cuore
marino,
isole dei sargassi
che fino alla mia porta
arrivano
con i resti
degli
arcobaleni,
lasciatemi
portare al mio collo, sulla mia testa,
i pampini bagnati
dell’oceano,
la chioma morta
dell’onda

1956

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