Rene Magritte - Il donatore felice, olio su tela. 1966
Contro luce – Dominique Grandmont
Di fronte all’ingresso vedrai
questa strada in fondo al cortile
e le ombre calpestate dal sole
non sono il loro corpo profanato dalla
solitudine moltiplicata dalle vetrine
né sul boulevard ingombrato
dal linguaggio annerito dagli alberi
come distendendo una pagina del blocchetto
per ritrovare la versione iniziale
traversando i sagrati deserti
sotto le gocce di cristallo della pioggia
tu mi avevi detto martedì al più tardi anzi
che bastava suonare lungamente
perché il vento fosse una porta
che batte ancora per nascondere
i nostri passi scricchiolanti sulla ghiaia
o che ricoprivano di parole
sotto la neve delle abitudini
davanti al garage riparando
la catena arrugginita di una vecchia bicicletta
per aiutare uno scolaro troppo ansioso di
sparire sulla cima della collina
dall’altra parte di un paesaggio
in cui poteva facilmente entrarci la storia
della pittura con le sue nuvole
che sono una strada anche se
la loro lucentezza è indivisibile
visto che niente può più capitare
a colui che se le immagina quando
la velocità non è che una frontiera
tra ogni volta e giammai
e l’orizzonte questa ferita
all’interno delle parole
quando i rumori fanno questo silenzio
nei giardini illuminati
dove il caso che s’allontana
brandisce la fiaccola della memoria
tra la terra e la parola
ma senza uno sguardo all’indietro
oppure bloccandosi nel proprio slancio
se non hanno per faccia che una sola verità
visto che nessuno ha bisogno
dell’anonimato di una stazione
per andare più lontano della fine
Traduzione di Enzo Lamartora
“Poesia” n. 335, marzo 2018. Crocetti Editore
Di fronte all’ingresso vedrai
questa strada in fondo al cortile
e le ombre calpestate dal sole
non sono il loro corpo profanato dalla
solitudine moltiplicata dalle vetrine
né sul boulevard ingombrato
dal linguaggio annerito dagli alberi
come distendendo una pagina del blocchetto
per ritrovare la versione iniziale
traversando i sagrati deserti
sotto le gocce di cristallo della pioggia
tu mi avevi detto martedì al più tardi anzi
che bastava suonare lungamente
perché il vento fosse una porta
che batte ancora per nascondere
i nostri passi scricchiolanti sulla ghiaia
o che ricoprivano di parole
sotto la neve delle abitudini
davanti al garage riparando
la catena arrugginita di una vecchia bicicletta
per aiutare uno scolaro troppo ansioso di
sparire sulla cima della collina
dall’altra parte di un paesaggio
in cui poteva facilmente entrarci la storia
della pittura con le sue nuvole
che sono una strada anche se
la loro lucentezza è indivisibile
visto che niente può più capitare
a colui che se le immagina quando
la velocità non è che una frontiera
tra ogni volta e giammai
e l’orizzonte questa ferita
all’interno delle parole
quando i rumori fanno questo silenzio
nei giardini illuminati
dove il caso che s’allontana
brandisce la fiaccola della memoria
tra la terra e la parola
ma senza uno sguardo all’indietro
oppure bloccandosi nel proprio slancio
se non hanno per faccia che una sola verità
visto che nessuno ha bisogno
dell’anonimato di una stazione
per andare più lontano della fine
in memoriam Mathieu Bénézet
26 aprile 2016
26 aprile 2016
Traduzione di Enzo Lamartora
“Poesia” n. 335, marzo 2018. Crocetti Editore
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