da “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” - Luis Sepúlveda
I quattro gatti balzarono dal tetto sul balcone e capirono immediatamente di essere arrivati troppo tardi. Colonnello, Diderot e Zorba osservarono con rispetto il corpo senza vita della gabbiana, mentre Segretario agitava la coda al vento per farle perdere l’odore di benzina.
«Credo che dovremmo chiuderle le ali. Si fa così in questi casi» spiegò Colonnello.
Vincendo la ripugnanza che provocava in loro quell’essere impregnato di petrolio, le unirono le ali al corpo e, mentre la muovevano, scoprirono l’uovo bianco a macchioline azzurre.
«L’uovo! È riuscita a deporre l’uovo!» esclamò Zorba.
«Ti sei cacciato in un bel pasticcio, caro guaglione. In un bel pasticcio davvero!» lo avvertì Colonnello.
«Che farò con l’uovo?!» si chiese Zorba sempre più angosciato.
«Con un uovo si possono fare molte cose. Una frittata, per esempio» propose Segretario.
«Oh sì! Uno sguardo all’enciclopedia ci dirà come preparare la migliore delle frittate. L’argomento è trattato nel sesto volume, lettera F» assicurò Diderot.
«Non se ne miagola neanche! Zorba ha promesso a quella povera gabbiana che si sarebbe preso cura dell’uovo e del piccolo. La parola d’onore di un gatto del porto impegna tutti i gatti del porto, quindi l’uovo non si tocca» dichiarò solennemente Colonnello.
«Ma io non so prendermi cura di un uovo! Non mi era mai stato affidato un uovo prima d’ora!» miagolò disperato Zorba.
Allora tutti i gatti guardarono Diderot. Forse nella sua famosa en-ci-clo-pedia c’era qualcosa al riguardo.
«Devo consultare il ventunesimo volume, lettera U. Sicuramente c’è tutto quello che dobbiamo sapere sull’uovo, ma fin da ora consiglio calore, calore corporeo, molto calore corporeo» spiegò Diderot in tono pedante e didattico.
«Ossia bisogna sdraiarsi sull’uovo, ma senza romperlo» consigliò Segretario.
«È esattamente ciò che stavo per suggerire. Zorba, tu rimani con l’uovo e noi accompagneremo Diderot a vedere cosa dice la sua enpilo… encimope… insomma, sai a cosa mi riferisco. Torneremo stasera con le novità e daremo sepoltura a questa povera gabbiana» stabilì Colonnello prima di saltare sul tetto.
Diderot e Segretario lo seguirono. Zorba rimase sul balcone, accanto all’uovo e alla gabbiana morta. Con grande attenzione si sdraiò e si avvicinò l’uovo alla pancia. Si sentiva ridicolo. Pensava a quanto lo avrebbero preso in giro i due gatti rissosi che aveva affrontato al mattino, se per caso l’avessero visto.
Ma una promessa è una promessa, e così, al tepore dei raggi del sole, si addormentò con l’uovo bianco a macchioline azzurre ben stretto contro il suo ventre nero.
Traduzione di Ilide Carmignani
I quattro gatti balzarono dal tetto sul balcone e capirono immediatamente di essere arrivati troppo tardi. Colonnello, Diderot e Zorba osservarono con rispetto il corpo senza vita della gabbiana, mentre Segretario agitava la coda al vento per farle perdere l’odore di benzina.
«Credo che dovremmo chiuderle le ali. Si fa così in questi casi» spiegò Colonnello.
Vincendo la ripugnanza che provocava in loro quell’essere impregnato di petrolio, le unirono le ali al corpo e, mentre la muovevano, scoprirono l’uovo bianco a macchioline azzurre.
«L’uovo! È riuscita a deporre l’uovo!» esclamò Zorba.
«Ti sei cacciato in un bel pasticcio, caro guaglione. In un bel pasticcio davvero!» lo avvertì Colonnello.
«Che farò con l’uovo?!» si chiese Zorba sempre più angosciato.
«Con un uovo si possono fare molte cose. Una frittata, per esempio» propose Segretario.
«Oh sì! Uno sguardo all’enciclopedia ci dirà come preparare la migliore delle frittate. L’argomento è trattato nel sesto volume, lettera F» assicurò Diderot.
«Non se ne miagola neanche! Zorba ha promesso a quella povera gabbiana che si sarebbe preso cura dell’uovo e del piccolo. La parola d’onore di un gatto del porto impegna tutti i gatti del porto, quindi l’uovo non si tocca» dichiarò solennemente Colonnello.
«Ma io non so prendermi cura di un uovo! Non mi era mai stato affidato un uovo prima d’ora!» miagolò disperato Zorba.
Allora tutti i gatti guardarono Diderot. Forse nella sua famosa en-ci-clo-pedia c’era qualcosa al riguardo.
«Devo consultare il ventunesimo volume, lettera U. Sicuramente c’è tutto quello che dobbiamo sapere sull’uovo, ma fin da ora consiglio calore, calore corporeo, molto calore corporeo» spiegò Diderot in tono pedante e didattico.
«Ossia bisogna sdraiarsi sull’uovo, ma senza romperlo» consigliò Segretario.
«È esattamente ciò che stavo per suggerire. Zorba, tu rimani con l’uovo e noi accompagneremo Diderot a vedere cosa dice la sua enpilo… encimope… insomma, sai a cosa mi riferisco. Torneremo stasera con le novità e daremo sepoltura a questa povera gabbiana» stabilì Colonnello prima di saltare sul tetto.
Diderot e Segretario lo seguirono. Zorba rimase sul balcone, accanto all’uovo e alla gabbiana morta. Con grande attenzione si sdraiò e si avvicinò l’uovo alla pancia. Si sentiva ridicolo. Pensava a quanto lo avrebbero preso in giro i due gatti rissosi che aveva affrontato al mattino, se per caso l’avessero visto.
Ma una promessa è una promessa, e così, al tepore dei raggi del sole, si addormentò con l’uovo bianco a macchioline azzurre ben stretto contro il suo ventre nero.
Traduzione di Ilide Carmignani
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