La mostra
Un architetto e un pittore affioravano dalle profondità di don Aniello mentre la signora Scala preparava i lumi e il braciere. Bisogna aver visto, a Napoli, una mostra natalizia di frutta. Non essendovi più limiti all’occupazione di suolo pubblico, la mostra esce dalla bottega e s’avvia. Dove finisce, finisce. Può essere un anfiteatro, coi suoi stalli di cachi di melagrane di arance, col suo podio di meloni di fichi d’India di ananas, col suo pulvinare di mandarini di sorbe di mele; oppure può essere un tempio, col suo altare maggiore di nespole e di pere, con le sue navate di castagne e di noci, con le sue colonne di fichi secchi e di uva, con i suoi ex voto di datteri e banane. La mostra natalizia di don Aniello era poco meno che un monumento alla frutta, e come tale costituiva il risultato di uno sforzo artistico e organizzativo. Per giorni e giorni don Aniello scaricava ceste colme nella bottega; poi vi si chiudeva per lavorare al nucleo essenziale dell'esposizione, le cui estreme propagini si sarebbero infine diramate oltre la soglia nel vicolo; quanto faticasse il suo strenuo frammento di polmone soltanto il professor Cardarelli avrebbe potuto stabilirlo.
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