il gatto Pavel
da Marcovaldo – Italo CalvinoAutunno
19 II giardino dei gatti ostinati
In compenso, dalla città dei gatti s'aprivano spiragli insospettati sulla città degli uomini: e un giorno fu proprio il soriano a guidarlo alla scoperta del grande Ristorante Biarritz.
Chi voleva vedere il Ristorante Biarritz non aveva che da assumere la statura d'un gatto, cioè stendersi carponi. Gatto e uomo in questo modo camminavano intorno a una specie di cupola, ai cui piedi davano certi bassi finestrini rettangolari. Seguendo l'esempio del soriano, Marcovaldo guardò giù. Erano lucernari con il vetro aperto a tagliola da cui prendeva aria e luce il lussuoso salone. Al suono di violini tzigani, volteggiavano pernici e quaglie dorate su vassoi d'argento tenuti in equilibrio dalle dita biancoguantate dei camerieri in frac. O, più precisamente, sopra le pernici e i fagiani volteggiavano i vassoi, e sopra i vassoi i guanti bianchi, e sospeso in bilico sulle scarpe di vernice dei camerieri il lucido parquet, da cui pendevano palme nane in vaso e tovaglie e cristallerie e secchi come campane con una bottiglia di champagne per batacchio: tutto capovolto perché Marcovaldo per timore d'essere visto non voleva sporgere la testa dentro il finestrino e si limitava a guardare la sala rispecchiata all'incontrano nel vetro obliquo.
Ma più che i finestrini della sala erano quelli sulle cucine a interessare il gatto: guardando nella sala si vedeva di lontano e come trasfigurato ciò che nelle cucine appariva – ben concreto e a portata di zampa – come un uccello spennato o un pesce fresco. Ed era appunto dalla parte delle cucine che il soriano voleva guidare Marcovaldo, o per un gesto d'amicizia disinteressata o perché piuttosto sperava nell'aiuto dell'uomo per una delle sue incursioni. Marcovaldo invece non voleva staccarsi dal suo belvedere sul salone: dapprincipio come affascinato dalla gala dell'ambiente, e poi perché là qualcosa aveva calamitato la sua attenzione. Tanto che, vincendo il timore d'esser visto, faceva continuamente capolino a testa in giù.
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