1 novembre 2018

Appino - La festa della Liberazione

dipinto di Lorraine Dell Wood
Appino - La festa della Liberazione

La festa della liberazione
Da questa voglia di serenità
E da quelli ubriachi di belle parole
Da quegli sbronzi d'autorità
Come mio nonno minatore di verbi
E congiuntivi di nessuna utilità
Di rispetto per sè stessi e per gli altri
Praticamente l'infelicità
E questi bambini pimpanti codardi che hanno già perso la verginità
L'imene rotto della meraviglia, nessuna scintilla: una sega a metà

La festa della liberazione
Ce ne son molti di cui mi libererei
A cominciare da quelli di famiglia
Dai tarli che mi han regalato i miei
Dalla voglia di cascare sempre in piedi
Dalla tua scuola, dall'università
Che ti ha insegnato soltanto ad imparare per imparare
E adesso che si fa?
E mia sorella, rizzacazzi per scelta
Un piercing sull'ombelico e sei una celebrità
In questo paesino di grandi repressi

Pochi squallidi amplessi: la mediocrità

La festa della liberazione
Da tutti gli atei compreso il sottoscritto
Io prego molto, ma molto di più
Di chi si inginocchia e prega il soffitto
E passo ore, giorni, mesi a pensare
Le stelle non guardarle mai
Ho paura di vederlo spuntare, sorride e dice: "Appino, che cazzo fai?"
E la marcia nuziale di tutti

E l'aereo che passa e lascia una scia
Che divide il cielo da quelli buoni e da quelli che han bisogno della polizia

La festa della liberazione
Da questo talento di perdonarmi tutto
E perdono gli altri solo s'è comodo a me
Dio, quante balle che mi son detto
E che ho detto a tutti quanti voi, invitati a casa mia e poi lasciati fuori
E mia sorella piange di nascosto
La sua ragazza le ha detto: "Muori!"
E tutti i maschi del paese sono in tiro,
nell'attesa si picchiano per toccarsi un po'
Quant'è brutta tutta questa campagna, la gente si lagna e nemmeno un falò
Mentre al centro han rubato il senso, centrare un bersaglio è quello che vorrei
Come mio padre trentaquattro anni fa
Una vita ad allontanarlo e diventare come lui

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