Maurits-Cornelis-Escher-Emblemata-I-Vaso
Le parole del poeta – Vicente Aleixandre Dopo le parole morte
e quelle ancora pronunciate o dette,
in attimi d’ira o di delizia, d’estasi o d’abbandono,
quando l’anima, desta, negli occhi s’intravede
più come luce che non suono aperto.
Esperto, giacché incline lo sarebbe
in virtù del suono sulla pagina aperta,
appoggiato a parole, o queste insieme ad esso penetrano
l’aria e riposano. Non con virtù suprema,
ma con un ordine: se vogliono, infallibile.
Giacché, obbedienti, le parole non si scostano
dalla loro virtù e docili
si posano sovrane, sotto la luce appaiono
grazie a una lingua umana che a esprimerle si dedica.
E la mano riduce
Il suo moto a trovarle,
anzi a scoprirle, utile, mentre brillano, svelano,
se pure, disilluse, non s’involano.
Così, rimaste talora, esse dormono,
residuo estremo d’un fuoco non tocco
che se è morto non scorda,
ma debole un ricordo ha lasciato, e là stesse.
Tutto è notte profonda.
È, morire, scordare parole, molle, vetro, nubi,
esser fedeli a un ordine
invisibile il dì, ma certo nella notte, in grande abisso.
Lì la terra, severa,
non consente altro amore che del centro.
Né altro bacio che esserlo.
Solo l’amore che, schiacciato, irradia.
Nelle notti profonde
una corrispondenza troverebbero
le parole lasciate o addormentate.
Sopra fogli volanti, chi le conosce o scorda?
Risoneranno forse una volta, chissà,
in qualche rara anima fraterna.
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