dipinto di Francisco de Zurbaran
da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo
“Appena aperto il frigorifero, la vide. La caponatina! Sciavuròsa,
colorita, abbondante, riempiva un piatto funnùto, una porzione per
almeno quattro pirsone. Erano mesi che la cammarera Adelina non gliela
faceva trovare. Il pane, nel sacco di plastica, era fresco, accattato
nella matinata. Naturali, spontanee, gli acchianarono in bocca le
note della marcia trionfale dell’Aida. Canticchiandole, raprì la
porta-finestra doppo avere addrumato la luce della verandina. Sì, la
notte era frisca, ma avrebbe consentito la mangiata all’aperto. Conzò il
tavolinetto, portò fora il piatto, il vino, il pane e s’assittò”.
(La gita a Tindari)
“Quando ebbe terminato di mangiare, andò a cercare nel freezer. C’era la granita di limone che la cammarera gli preparava secondo la formula uno, due, quattro: un bicchiere di succo di limone, due di zucchero, quattro di acqua. Da leccarsi le dita”. (Ilcane di terracotta)
(La gita a Tindari)
“Quando ebbe terminato di mangiare, andò a cercare nel freezer. C’era la granita di limone che la cammarera gli preparava secondo la formula uno, due, quattro: un bicchiere di succo di limone, due di zucchero, quattro di acqua. Da leccarsi le dita”. (Ilcane di terracotta)
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