opera di Persis Clayton Weirs
da “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” - Luis Sepúlveda
Harry aveva due mascotte: la prima era uno scimpanzé di nome Mattia che si occupava dei biglietti e della sorveglianza, giocava – molto male – a dama con il vecchio marinaio, beveva birra e cercava sempre di dare un resto inferiore. L’altra mascotte era Diderot, un gatto grigio, piccolo e magro, che dedicava la maggior parte del suo tempo allo studio delle migliaia di libri là raccolti.
Colonnello, Segretario e Zorba entrarono nel bazar con le code ben ritte. Si rammaricarono di non vedere Harry dietro il bancone, perché il vecchio marinaio aveva sempre delle parole affettuose e qualche salsiccia per loro.
«Un momento, sacchi di pulci! Avete dimenticato di pagare il biglietto» strillò Mattia.
«Da quando in qua i gatti pagano?» protestò Segretario.
«Il cartello sulla porta dice: “Ingresso: due marchi”. Non sta scritto da nessuna parte che i gatti entrano gratis. Otto marchi o sparite» strillò con energia lo scimpanzé.
«Signora scimmia, temo che la matematica non sia il suo forte» miagolò Segretario.
«È esattamente ciò che stavo per dire. Ancora una volta mi toglie i miagolii di bocca» si lamentò Colonnello.
«Bla bla bla! Pagate o andatevene» intimò Mattia.
Zorba saltò dall’altra parte della biglietteria e guardò fisso negli occhi lo scimpanzé. Sostenne lo sguardo finché Mattia non sbatté le palpebre e iniziò a piagnucolare.
«Be’, in effetti sono sei marchi. Chiunque può commettere un errore» strillò timidamente.
Zorba, senza smettere di fissarlo negli occhi, tirò fuori un artiglio dalla zampa anteriore destra.
«Ti piace, Mattia? Ne ho altri nove. Pensa un po’ se te li conficcassi in quel
culo rosso che tieni sempre per aria» miagolò tranquillamente.
«Per questa volta chiuderò un occhio. Potete passare» cedette lo scimpanzé fingendosi calmo.
I tre gatti, con le code orgogliosamente erette, scomparvero nel labirinto di corridoi.
Traduzione di Ilide Carmignani
Harry aveva due mascotte: la prima era uno scimpanzé di nome Mattia che si occupava dei biglietti e della sorveglianza, giocava – molto male – a dama con il vecchio marinaio, beveva birra e cercava sempre di dare un resto inferiore. L’altra mascotte era Diderot, un gatto grigio, piccolo e magro, che dedicava la maggior parte del suo tempo allo studio delle migliaia di libri là raccolti.
Colonnello, Segretario e Zorba entrarono nel bazar con le code ben ritte. Si rammaricarono di non vedere Harry dietro il bancone, perché il vecchio marinaio aveva sempre delle parole affettuose e qualche salsiccia per loro.
«Un momento, sacchi di pulci! Avete dimenticato di pagare il biglietto» strillò Mattia.
«Da quando in qua i gatti pagano?» protestò Segretario.
«Il cartello sulla porta dice: “Ingresso: due marchi”. Non sta scritto da nessuna parte che i gatti entrano gratis. Otto marchi o sparite» strillò con energia lo scimpanzé.
«Signora scimmia, temo che la matematica non sia il suo forte» miagolò Segretario.
«È esattamente ciò che stavo per dire. Ancora una volta mi toglie i miagolii di bocca» si lamentò Colonnello.
«Bla bla bla! Pagate o andatevene» intimò Mattia.
Zorba saltò dall’altra parte della biglietteria e guardò fisso negli occhi lo scimpanzé. Sostenne lo sguardo finché Mattia non sbatté le palpebre e iniziò a piagnucolare.
«Be’, in effetti sono sei marchi. Chiunque può commettere un errore» strillò timidamente.
Zorba, senza smettere di fissarlo negli occhi, tirò fuori un artiglio dalla zampa anteriore destra.
«Ti piace, Mattia? Ne ho altri nove. Pensa un po’ se te li conficcassi in quel
culo rosso che tieni sempre per aria» miagolò tranquillamente.
«Per questa volta chiuderò un occhio. Potete passare» cedette lo scimpanzé fingendosi calmo.
I tre gatti, con le code orgogliosamente erette, scomparvero nel labirinto di corridoi.
Traduzione di Ilide Carmignani
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