opera di Mario Tozzi
L’assaggiatrice – Giuseppina Torregrossa
La domanda la fa a se
stesso e non aspetta risposta. Lo sguardo è perso, lontano, fuori dalla porta,
al di là della strada, oltre. La sua mano si muove di continuo sulle mie
braccia, sul mio seno, sulle mie spalle. Io non ci sono e non faccio nulla per
esserci. Intanto lui continua a raccontare: «Quando sento mia moglie piangere,
come oggi mentre tu mi stavi sopra, il silenzio diventa un nemico e parlare è
il solo modo per resistere a un ricordo che mi dà dolore. Ho lavorato nelle
saline per guadagnarmi un passaggio su una nave vecchia e carica di disperati,
vuoti a perdere noi, la barca, l’equipaggio. Senza soldi, documenti, bagagli,
solo i vestiti addosso e la speranza dentro al cuore. Uno accanto all’altro abbiamo
visto il sole sorgere e tramontare cinque volte, ammassati sul ponte, all’aperto
giorno e notte, i corpi vicinissimi, neanche lo spazio per accompagnare i
nostri discorsi con i gesti. Il tempo buono e il mare calmo ci hanno salvati.
Nessun controllo, neanche l’ombra di un poliziotto».
S’interrompe
pensieroso. Alzo le spalle come a dire “vai avanti, non ti preoccupare”.
«Appena sbarcati ci
siamo persi nella campagna, seguivamo l’intuito e le poche informazioni che ci
avevano dato. Eravamo tutti maschi, molti ragazzi giovani, qualche vecchio. La
gente che ho incontrato mi ha sempre accolto, mi ha dato da mangiare, mi ha
vestito, offerto lavoro. Adesso che conosco la lingua, le cose sono diventate
ancora più semplici, gli incontri più facili, ma sono sempre molto prudente; ho
imparato soprattutto a parlare poco, mai per primo e ad aspettare che siano gli
altri a rivolgermi la parola. Tu sei l’acqua fresca nel deserto della mia vita,
mi hai accolto, sfamato, assaporato; con te sono tornato a essere uomo. Ma ora
la mia anima è sottosopra per la malinconia, le tue domande hanno riportato
ricordi tristi, più forti del desiderio che ho di amarti. Tornerò, è una
promessa, quando il silenzio sarà di nuovo mio compagno».
Hamed mi accarezza il
viso, mi bacia e scappa via dal negozio con la testa incassata nelle spalle. Lo
guardo andare via, mi sdraio per terra, la mia mano si muove da sola,
lentamente, il respiro sospeso per trattenere ancora il suo profumo di
rosmarino, per ascoltare il suono della sua voce profonda e grave. Mi lascio
andare. L’orgasmo arriva stentato e sa di sale e solitudine.
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