opere di Domenico Gnoli
da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia
Una lampada rotonda
illuminava a destra la porta della casa coi suoi quattro scalini di marmo e i
suoi battenti chiusi; Leo la aprì e spinse Carla nell'androne. All'opposto del
giardinetto buio e bagnato, tutto qui era colorato e brillante, una lanterna di
ferro battuto pendeva dal soffitto, i muri erano dipinti a calce e avevano uno
zoccolo giallo, delle palme verdi s'innalzavano negli angoli, tutto era nuovo;
c'era anche l'ascensore, laggiù, nella sua gabbia, ma preferirono andar su per
la scala.
Salirono in silenzio
due rampe. Al primo pianerottolo un rumore appena soffocato di grammofono
irruppe sulle mattonelle lucide insieme con un brusìo confuso, intimo e lieto
di voci e di piedi: "Ballano" osservò Carla con un sorriso forzato
appoggiandosi alla balaustra: "chi sono?"
"Si tratta"
disse Leo curvandosi e scrutando la targa di ottone della porta, "del...
signor dottore Innamorati, il quale" soggiunse un po' per rallegrar Carla,
un po' per ingannare la propria impazienza "è in casa con la sua gentile
signora e i suoi giovani figli, per ricevere degnamente un'eletta compagnia di
amici e di dame della migliore società." Rise e prese il braccio di Carla:
"Andiamo" disse: "ancora una rampa e siamo arrivati."
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