Domenico Gnoli, Waist Time, 1969, Acrylic and sand on canvas, 97,5 x 130,5 cm, Private collection
da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia
"La camera da Ietto" rispose l'amante osservandola attentamente; e dopo un istante, abbracciandola daccapo, con voce persuasiva: "ma lascia star tutto questo... ascoltami... dimmi...; mi ami?" "E tu?..." ella domandò a fior di labbra, guardandolo con occhi seri. "Io?... cosa c'entro?... Per forza ti amo, se no non avrei fatto quello che ho fatto... sicuro che l'amo la mia Carlotta, la mia bambola, la mia Carlottina" soggiunse Leo ficcando delle dita sconvolgitrici nei capelli della fanciulla; "la amo moltissimo e guai a chi me la toccherà... e la desidero anche, certo... tutta intera... desidero queste labbra, queste guance, queste belle braccia, queste belle spalle, questo suo corpo pieno di., femminilità, delizioso, pieno di fascino e di grazia che... che... che mi farà impazzire" egli esplose alfine e come preso da una specie di frenesia si gettò su Carla, l'abbracciò con tutte le sue forze,
cadde insieme con lei sopra il divano; la lampada illuminò con la sua luce indifferente la schiena dell'uomo dalla giacca tutta sottesa dallo sforzo del torso e le gambe di Carla, calzate di rosa. Stettero così per qualche istante, tra i sussulti della libidine confuse parole di tenerezza uscivano di bocca all'uomo. Carla invece taceva. L'atteggiamento della fanciulla tra questi furori era docile ma non rassegnato, i suoi pensieri non erano così lucidi come ella aveva preveduto, un vergognoso e scomposto eccitamento incominciava ad ardere le sue guance; insomma, era inutile nasconderselo, quelle carezze non la lasciavano del tutto indifferente, un certo piacere tanto più acuto in quanto le pareva assurdo veniva ad annebbiare la coscienza: "Vediamo" ella pensava tra i fremiti istintivi che le strappavano le strette libertine e crudeli dell'amante, "cosa sto facendo?..." Mai come ora, questa sua tresca le era apparsa sotto un aspetto tanto comune, imperdonabile e rovinoso, "una nuova vita" pensò ancora debolmente; poi chiuse gli occhi.
"La camera da Ietto" rispose l'amante osservandola attentamente; e dopo un istante, abbracciandola daccapo, con voce persuasiva: "ma lascia star tutto questo... ascoltami... dimmi...; mi ami?" "E tu?..." ella domandò a fior di labbra, guardandolo con occhi seri. "Io?... cosa c'entro?... Per forza ti amo, se no non avrei fatto quello che ho fatto... sicuro che l'amo la mia Carlotta, la mia bambola, la mia Carlottina" soggiunse Leo ficcando delle dita sconvolgitrici nei capelli della fanciulla; "la amo moltissimo e guai a chi me la toccherà... e la desidero anche, certo... tutta intera... desidero queste labbra, queste guance, queste belle braccia, queste belle spalle, questo suo corpo pieno di., femminilità, delizioso, pieno di fascino e di grazia che... che... che mi farà impazzire" egli esplose alfine e come preso da una specie di frenesia si gettò su Carla, l'abbracciò con tutte le sue forze,
cadde insieme con lei sopra il divano; la lampada illuminò con la sua luce indifferente la schiena dell'uomo dalla giacca tutta sottesa dallo sforzo del torso e le gambe di Carla, calzate di rosa. Stettero così per qualche istante, tra i sussulti della libidine confuse parole di tenerezza uscivano di bocca all'uomo. Carla invece taceva. L'atteggiamento della fanciulla tra questi furori era docile ma non rassegnato, i suoi pensieri non erano così lucidi come ella aveva preveduto, un vergognoso e scomposto eccitamento incominciava ad ardere le sue guance; insomma, era inutile nasconderselo, quelle carezze non la lasciavano del tutto indifferente, un certo piacere tanto più acuto in quanto le pareva assurdo veniva ad annebbiare la coscienza: "Vediamo" ella pensava tra i fremiti istintivi che le strappavano le strette libertine e crudeli dell'amante, "cosa sto facendo?..." Mai come ora, questa sua tresca le era apparsa sotto un aspetto tanto comune, imperdonabile e rovinoso, "una nuova vita" pensò ancora debolmente; poi chiuse gli occhi.
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