Sfondo infinito - Branca Maria de Paula
Ho provato a immaginare una giovane bella e ambiziosa, un fotografo intrigante e senza scrupoli.
Tutti pensano che sia andata al balletto. Neanche Silvio sa che sono venuta qui. Si infurierebbe se solo lo immaginasse. Sono chiusa dentro una sala illuminata, un panno di fondo infinito nero, aria condizionata, musica. Davanti a me un uomo totalmente estraneo. Sudato. Non ho visto macchie di sudore sui suoi vestiti, non ho toccato la sua pelle, ma so che è sudato. Eccitato. Dice cose che fanno accapponare la pelle.
«Girati da questa parte. Alza la gonna. Così, piega le gambe. (oh mio Dio, le gambe mi fanno impazzire). Ora allarga le ginocchia. Tranquilla. Rilassati, rilassati, non aver paura, bimba. È una foto artistica, carissima, tutto è arte. Qui non c'è nulla di pornografico, non ammetto pornografia. Che visetto triste, vuoi che ti racconti la storia del lupo cattivo? L'inizio già lo conosci. E allora il lupo cattivo si avvicinò a Cappuccetto Rosso e fece come King Kong: cominciò a graffiare dolcemente la pelle della ragazzina e a strapparle i vestiti di dosso. Tutto con molta dolcezza. E la pelle cominciò a scoprirsi. Tenera. Sbottona la giacca, ragazza mia. Libera il collo. Togli. Togli la giacca. Perché fai così? Che pagliacciata è questa? Tu non credi nell'uguaglianza, nei pari diritti, in tutte queste cose? Dai, fai la brava, bisogna mostrare ciò che è bello, una donna egoista è brutta. (Madonna mia, che seni morbidi). Il tuo ragazzo ti dice che sei eccitante, te lo dice? (e allora, glielo fai succhiare il tuo seno al tuo uomo. Sono così arrapato che mi manca il respiro)».
Comincio a tremare, il viso in fiamme. Un turbamento, uno schifo. La stanchezza mi prende tra i cuscini. Devo andar via. Devo solo alzarmi, prendere i miei vestiti e addio, vediamo se ti va bene. E non tornare più. Grandissimo schifoso. Grandissimissimo figlio di una buona e santa donna. La sua voce brucia la pelle. Mi seduce, intrigante. Sgradevole, implacabile, eccomi, eccomi, arrivo. Il flash, lo scatto della macchina, sentimenti che lacerano. Voglio mille cose diverse. Amare, scappare, gridare, essere violentata, sputare nella lente. Ma niente di tutto ciò, e non riesco a distruggere i riflettori. Poso con le mutandine. Quando apri le gambe, apri tutto il tuo corpo. Mi sono aperta per dare e ricevere. Contro la mia volontà o coscienza o non so che cosa. E ora mi sento eccitante. Sono innamorata del mio corpo. Sono in un mattatoio ed espongo le mie carni. Questo mi eccita. Sono la donna più sensuale del mondo.
«Ora le mutandine. Mancano solo le mutandine (oziosa)». L'uomo era impazzito. Io avevo detto che posavo vestita e lui aveva accettato. Ora si avvicina e si abbassa.
«Non posso perdere tempo, mia cara. La tua è diversa dalle altre? Sto vedendo che è più eccitante, questo sì (mi sta diventando duro, se potessi ti scoperei adesso per farti venire insieme a me), ma l'arte è arte. Le mutandine (che delizia), falle scendere».
Finisco per togliermi anche l'ultimo pezzo, gli occhi incollati sull'uomo. Non ha la minima importanza. Ero già nuda quando sono entrata.
«Così, con calma (che natiche sensuali). Tieni il seno diritto, stringi il capezzolo, così, con amore, non aver paura di guardarti. La cosa più bella, il corpo di donna. Accarezza la tua pelle, la peluria. Con l'altra mano, l'altra. Fino all'ombelico (che bellezza). Non aver paura delle tue sensazioni, ci si deve amare, amare il proprio corpo. Ora prova a dirmi che non sei abituata. Ti si vede in faccia, ti piace, perché aver paura del sesso? Molto bene, ora fermati. Voglio prendere il tuo viso, l'aspettativa, la tensione. Ora continua, le dita nascoste (che erezione, sei il massimo, bimba, troppo, che fica deliziosa, Gesù dammi la forza)».
Io colma di sensazioni, di flash e di confuse percezioni: le gambe dell'uomo, il cavalletto; l'occhio magico, una mano magica. Le mia dita passano sulla feritoia ed entrano nella grotta.
«Diavolo di un rullino, doveva finire proprio adesso. Continua da sola. Vedi come ti muovi, che non riesci a fermarti? Concludiamo. Ho qui una cosa che ti aiuterà, aspetta. Godrai il doppio, peccato che non posso... (che ansia) ma capisci, devo finire le foto. Forse la prossima volta, chi lo sai? Prendilo, bambolina, usane e abusane, io non mi intrometterò».
Volevo rimanerne fuori, non volevo impossessarmi di quello strano oggetto, non volevo soddisfarmi così. Desiderio di non so che cosa, di non so chi. Tutto quello che mi avevano insegnato, quello che pensavano io fossi. Mi hanno ingannata, qualcuno si era sbagliato. Decisamente. Presi il vibratore e lo infilai. Che finisca questa agonia, questa afflizione. La colpa.
"Ci siamo quasi. Continua. (Cose dell'altro mondo, questa è un'allucinazione. È senza scrupoli, la bimba. Che pazzerella). Queste lacrime valgono oro. Ancora un po', carissima, non smettere. Non esitare, fremi vibratore caro, ti amo, non mi abbandonare mai, ti giuro amore eterno. Saranno le foto più sensazionali del mondo. Adesso sensualità, estasi, papà sta qui che tiene sospesa la macchina. Non posso muovermi. Rovino tutto, che macchina pesante, uff! Mi scivola. Con tutto questo sudore non ci riesco. (Resisti, vecchio, resisti, sta venendo). Ora, bambolina, godi. Fantastico, meritava di essere filmato. Sorry, baby, sorry, non puedo estar acá y allá". Ci rinuncio ed entro nella danza. Non so per quale flash lavorare ogni volta. Che dio mi illumini, e a volte è perfino mancanza di carità. Non posso perdere l'attimo, voglio prenderti mentre godi. Se ci riesco mando un sacco di vestiti all'orfanotrofio di Sant'Antonio. L'estasi (click), il volo e il ritorno (click). La pace in carne e ossa, l'incarnazione della perfezione. (Qui ci sto io, bambolina, con te e la mia Hassei). Il sacrificio vale la pena, la trasgressione viene perdonata. Ne valeva la pena, ma non posso lasciare la macchina fotografica (piano, brigante), il pavimento è vicino. Uffa, il pavimento è lontano, scemo!».
Penso di non aver scritto niente che valga. Non ci riuscirò. Tutte le storie possono essere cretine e pornografiche. Porche. Le mie mani sono umide. Le mutandine bagnate mi danno fastidio. Sento la testa battere. La mia vagina pulsa con forza. Non ci sono riuscita. Una donna non riesce a liberarsi dalle aggressioni ricevute. Come se ogni sermone, ogni confessione, ogni critica, ogni desiderio strangolato mordesse e graffiasse una parte del tuo sesso. Rimane solo un piacere sofferto. Un piacere rincorso con le unghie e con i denti. È una guerra, sì.
Mi alzo e mi tolgo la giacca. Calpesto la gonna, butto da una parte i vestiti, cammino verso lo specchio (uno specchio magico, non conosco questo corpo). In esso un corpo giovane, senza testa né piedi, due seni dall'aria innocente, una pancia piatta, peli lucidi e capelli crespi a forma di triangolo, una mano che apreil cammino in cerca del clitoride. Allontana la foresta, scopre l'apertura e comincia a muoversi lentamente. L'amputazione già non fa più male.
Sono entrata dentro di me, lenta come una lumaca. Una mano non basta. Voglio un'altra mano, lingua, succo, saliva. Se non avessi giurato fedeltà, quante bocche avrebbero inumidito questa carne, succhiato orifizi, quanto sperma avrebbe addolcito l'utero e le cosce?
Il ventre si contrae. Nello specchio danzano gambe, braccia, peni, capelli, uomini, animali, risate, nuche, sguardi, gesti...
II corpo vertiginosamente si contorce, succhia spine e terra, libero signore senza averi. Sputa vita, meraviglia, terrore. La voglia di non vivere così. Di non morire di colpo.
Mordo i gemiti. Schiaccio il grido sul velo del palato.
"Mi parve di capire che esisteva una specie di legame (di nodo) tra laPer molto tempo ho osservato il mio ciclo mestruale, pensando di scrivere un racconto erotico. Pensando a quanto sia difficile essere donna, pagare con sangue e latte qualche orgasmo, molte scopate insipide, e scrivere un racconto erotico.
Fotografia, la Pazzia e qualcosa il cui nome conoscevo bene. E
cominciavo a pronunciarlo: Sofferenza amorosa'."
(Roland Barthes)
Ho provato a immaginare una giovane bella e ambiziosa, un fotografo intrigante e senza scrupoli.
Tutti pensano che sia andata al balletto. Neanche Silvio sa che sono venuta qui. Si infurierebbe se solo lo immaginasse. Sono chiusa dentro una sala illuminata, un panno di fondo infinito nero, aria condizionata, musica. Davanti a me un uomo totalmente estraneo. Sudato. Non ho visto macchie di sudore sui suoi vestiti, non ho toccato la sua pelle, ma so che è sudato. Eccitato. Dice cose che fanno accapponare la pelle.
«Girati da questa parte. Alza la gonna. Così, piega le gambe. (oh mio Dio, le gambe mi fanno impazzire). Ora allarga le ginocchia. Tranquilla. Rilassati, rilassati, non aver paura, bimba. È una foto artistica, carissima, tutto è arte. Qui non c'è nulla di pornografico, non ammetto pornografia. Che visetto triste, vuoi che ti racconti la storia del lupo cattivo? L'inizio già lo conosci. E allora il lupo cattivo si avvicinò a Cappuccetto Rosso e fece come King Kong: cominciò a graffiare dolcemente la pelle della ragazzina e a strapparle i vestiti di dosso. Tutto con molta dolcezza. E la pelle cominciò a scoprirsi. Tenera. Sbottona la giacca, ragazza mia. Libera il collo. Togli. Togli la giacca. Perché fai così? Che pagliacciata è questa? Tu non credi nell'uguaglianza, nei pari diritti, in tutte queste cose? Dai, fai la brava, bisogna mostrare ciò che è bello, una donna egoista è brutta. (Madonna mia, che seni morbidi). Il tuo ragazzo ti dice che sei eccitante, te lo dice? (e allora, glielo fai succhiare il tuo seno al tuo uomo. Sono così arrapato che mi manca il respiro)».
Comincio a tremare, il viso in fiamme. Un turbamento, uno schifo. La stanchezza mi prende tra i cuscini. Devo andar via. Devo solo alzarmi, prendere i miei vestiti e addio, vediamo se ti va bene. E non tornare più. Grandissimo schifoso. Grandissimissimo figlio di una buona e santa donna. La sua voce brucia la pelle. Mi seduce, intrigante. Sgradevole, implacabile, eccomi, eccomi, arrivo. Il flash, lo scatto della macchina, sentimenti che lacerano. Voglio mille cose diverse. Amare, scappare, gridare, essere violentata, sputare nella lente. Ma niente di tutto ciò, e non riesco a distruggere i riflettori. Poso con le mutandine. Quando apri le gambe, apri tutto il tuo corpo. Mi sono aperta per dare e ricevere. Contro la mia volontà o coscienza o non so che cosa. E ora mi sento eccitante. Sono innamorata del mio corpo. Sono in un mattatoio ed espongo le mie carni. Questo mi eccita. Sono la donna più sensuale del mondo.
«Ora le mutandine. Mancano solo le mutandine (oziosa)». L'uomo era impazzito. Io avevo detto che posavo vestita e lui aveva accettato. Ora si avvicina e si abbassa.
«Non posso perdere tempo, mia cara. La tua è diversa dalle altre? Sto vedendo che è più eccitante, questo sì (mi sta diventando duro, se potessi ti scoperei adesso per farti venire insieme a me), ma l'arte è arte. Le mutandine (che delizia), falle scendere».
Finisco per togliermi anche l'ultimo pezzo, gli occhi incollati sull'uomo. Non ha la minima importanza. Ero già nuda quando sono entrata.
«Così, con calma (che natiche sensuali). Tieni il seno diritto, stringi il capezzolo, così, con amore, non aver paura di guardarti. La cosa più bella, il corpo di donna. Accarezza la tua pelle, la peluria. Con l'altra mano, l'altra. Fino all'ombelico (che bellezza). Non aver paura delle tue sensazioni, ci si deve amare, amare il proprio corpo. Ora prova a dirmi che non sei abituata. Ti si vede in faccia, ti piace, perché aver paura del sesso? Molto bene, ora fermati. Voglio prendere il tuo viso, l'aspettativa, la tensione. Ora continua, le dita nascoste (che erezione, sei il massimo, bimba, troppo, che fica deliziosa, Gesù dammi la forza)».
Io colma di sensazioni, di flash e di confuse percezioni: le gambe dell'uomo, il cavalletto; l'occhio magico, una mano magica. Le mia dita passano sulla feritoia ed entrano nella grotta.
«Diavolo di un rullino, doveva finire proprio adesso. Continua da sola. Vedi come ti muovi, che non riesci a fermarti? Concludiamo. Ho qui una cosa che ti aiuterà, aspetta. Godrai il doppio, peccato che non posso... (che ansia) ma capisci, devo finire le foto. Forse la prossima volta, chi lo sai? Prendilo, bambolina, usane e abusane, io non mi intrometterò».
Volevo rimanerne fuori, non volevo impossessarmi di quello strano oggetto, non volevo soddisfarmi così. Desiderio di non so che cosa, di non so chi. Tutto quello che mi avevano insegnato, quello che pensavano io fossi. Mi hanno ingannata, qualcuno si era sbagliato. Decisamente. Presi il vibratore e lo infilai. Che finisca questa agonia, questa afflizione. La colpa.
"Ci siamo quasi. Continua. (Cose dell'altro mondo, questa è un'allucinazione. È senza scrupoli, la bimba. Che pazzerella). Queste lacrime valgono oro. Ancora un po', carissima, non smettere. Non esitare, fremi vibratore caro, ti amo, non mi abbandonare mai, ti giuro amore eterno. Saranno le foto più sensazionali del mondo. Adesso sensualità, estasi, papà sta qui che tiene sospesa la macchina. Non posso muovermi. Rovino tutto, che macchina pesante, uff! Mi scivola. Con tutto questo sudore non ci riesco. (Resisti, vecchio, resisti, sta venendo). Ora, bambolina, godi. Fantastico, meritava di essere filmato. Sorry, baby, sorry, non puedo estar acá y allá". Ci rinuncio ed entro nella danza. Non so per quale flash lavorare ogni volta. Che dio mi illumini, e a volte è perfino mancanza di carità. Non posso perdere l'attimo, voglio prenderti mentre godi. Se ci riesco mando un sacco di vestiti all'orfanotrofio di Sant'Antonio. L'estasi (click), il volo e il ritorno (click). La pace in carne e ossa, l'incarnazione della perfezione. (Qui ci sto io, bambolina, con te e la mia Hassei). Il sacrificio vale la pena, la trasgressione viene perdonata. Ne valeva la pena, ma non posso lasciare la macchina fotografica (piano, brigante), il pavimento è vicino. Uffa, il pavimento è lontano, scemo!».
Penso di non aver scritto niente che valga. Non ci riuscirò. Tutte le storie possono essere cretine e pornografiche. Porche. Le mie mani sono umide. Le mutandine bagnate mi danno fastidio. Sento la testa battere. La mia vagina pulsa con forza. Non ci sono riuscita. Una donna non riesce a liberarsi dalle aggressioni ricevute. Come se ogni sermone, ogni confessione, ogni critica, ogni desiderio strangolato mordesse e graffiasse una parte del tuo sesso. Rimane solo un piacere sofferto. Un piacere rincorso con le unghie e con i denti. È una guerra, sì.
Mi alzo e mi tolgo la giacca. Calpesto la gonna, butto da una parte i vestiti, cammino verso lo specchio (uno specchio magico, non conosco questo corpo). In esso un corpo giovane, senza testa né piedi, due seni dall'aria innocente, una pancia piatta, peli lucidi e capelli crespi a forma di triangolo, una mano che apreil cammino in cerca del clitoride. Allontana la foresta, scopre l'apertura e comincia a muoversi lentamente. L'amputazione già non fa più male.
Sono entrata dentro di me, lenta come una lumaca. Una mano non basta. Voglio un'altra mano, lingua, succo, saliva. Se non avessi giurato fedeltà, quante bocche avrebbero inumidito questa carne, succhiato orifizi, quanto sperma avrebbe addolcito l'utero e le cosce?
Il ventre si contrae. Nello specchio danzano gambe, braccia, peni, capelli, uomini, animali, risate, nuche, sguardi, gesti...
II corpo vertiginosamente si contorce, succhia spine e terra, libero signore senza averi. Sputa vita, meraviglia, terrore. La voglia di non vivere così. Di non morire di colpo.
Mordo i gemiti. Schiaccio il grido sul velo del palato.
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