7 febbraio 2019

da "Gli indifferenti" - Alberto Moravia

Ubaldo Oppi - Due donne
da "Gli indifferenti" - Alberto Moravia

La madre capì, una paura vasta le si aprì davanti agli occhi come una voragine; impallidì, guardò l'amante; ma Leo tutto assorto nella contemplazione del suo sigaro non la rassicurò: "Questo significa" disse Carla "che dovremo lasciare la villa e andare ad abitare in un appartamento di poche stanze?"
"Già," rispose Michele "proprio così."
Silenzio; la paura della madre ingigantiva; non aveva mai voluto sapere di poveri e neppure conoscerli di nome, non aveva mai voluto ammettere l'esistenza di gente dal lavoro faticoso e dalla vita squallida. "Vivono meglio di noi" aveva sempre detto; "noi abbiamo maggiore sensibilità e più grande intelligenza e perciò soffriamo più di loro..."; ed ora, ecco, improvvisamente, ella era costretta a mescolarsi, a ingrossare la turba dei miserabili; quello stesso senso di ripugnanza, di umiliazione, di paura che aveva provato passando un giorno in un'automobile assai bassa attraverso una folla minacciosa e lurida di scioperanti, l'opprimeva; non l'atterrivano i disagi e le privazioni a cui andava incontro, ma invece il bruciore, il pensiero di come l'avrebbero trattata, di quel che avrebbero detto le persone di sua conoscenza, tutta gente ricca, stimata ed elegante; ella si vedeva, ecco... povera, sola, con quei due figli, senza amicizie ché tutti l'avrebbero abbandonata,
senza divertimenti, balli, lumi, feste, conversazioni: oscurità completa, ignuda oscurità.
Il suo pallore aumentava: "Bisognerebbe che gli parlassi da sola a solo," pensava attaccandosi all'idea della seduzione; "senza Michele e senza Carla... allora capirebbe."
Guardò l'amante. "Lei, Merumeci," propose vagamente "ci conceda ancora una proroga, e noi il denaro lo si troverà in qualche modo."

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