Amrita Sher-Gil - Woman on Charpai, 1937-38
da “Nedda” – Giovanni Verga
E le parve che le stelle splendessero come soli, che tutti gli alberi, noti uno per uno, stendessero i rami sulla sua testa per proteggerla, e i sassi della via le accarezzassero i piedi indolenziti.
Il domani, ch'era domenica, venne la visita del medico, il quale concedeva ai suoi malati poveri il giorno che non poteva consacrare ai suoi poderi. Una triste visita davvero! perché il buon dottore non era abituato a far complimenti coi suoi clienti, e nel casolare di Nedda non c'era anticamera, né amici di casa ai quali si potesse annunciare il vero stato dell'inferma.
Nella giornata seguì anche una mesta funzione; venne il curato in rocchetto, il sagrestano coll'olio santo, e due o tre comari che borbottavano non so che preci. La campanella del sagrestano squillava acutamente in mezzo ai campi, e i carrettieri che l'udivano fermavano i loro muli in mezzo alla strada, e si cavavano il berretto. Quando Nedda l'udì per la sassosa viottola tirò su la coperta tutta lacera dell'inferma, perché non si vedesse che mancavano le lenzuola, e piegò il suo più bel grembiule bianco sul deschetto zoppo, reso fermo con dei mattoni. Poi, mentre il prete compiva il suo ufficiò, andò ad inginocchiarsi fuori dell'uscio, balbettando macchinalmente delle preci, guardando come trasognata quel sasso dinanzi alla soglia su cui la sua vecchierella soleva scaldarsi al sole di marzo, e ascoltando con orecchio distratto i consueti rumori delle vicinanze, ed il via vai di tutta quella gente che andava per i propri affari senza avere angustie pel capo. Il curato partì, ed il sagrestano indugiò invano sull'uscio perché gli facessero la solita limosina pei poveri.
Lo zio Giovanni vide a tarda ora della sera la Nedda che correva sulla strada di Punta.
- Ohé! dove vai a quest'ora?
- Vado per una medicina che ha ordinato il medico -.
Lo zio Giovanni era economo e brontolone.
- Ancora medicine! - borbottò, - dopo che ha ordinato la medicina dell'olio santo! già, loro fanno a metà collo speziale, per dissanguare la povera gente! Fai a mio modo, Nedda, risparmia quei quattrini e vatti a star colla tua vecchia.
- Chissà che non avesse a giovare! - rispose tristemente la ragazza chinando gli occhi, e affrettò il passo.
Lo zio Giovanni rispose con un brontolio. Poi le gridò dietro: - Ohe! la varannisa!
- Che volete?
- Anderò io dallo speziale. Farò più presto di te, non dubitare. Intanto non lascerai sola la povera malata -.
Alla ragazza vennero le lagrime agli occhi.
- Che Dio vi benedica! - gli disse, e volle anche mettergli in mano i denari.
- I denari me li darai poi; - rispose ruvidamente lo zio Giovanni, e si diede a camminare colle gambe dei suoi vent'anni.
La ragazza tornò indietro e disse alla mamma: - C'è andato lo zio Giovanni, - e lo disse con voce dolce insolitamente.
La moribonda udì il suono dei soldi che Nedda posava sul deschetto, e la interrogò cogli occhi.
- Mi ha detto che glieli darò poi; - rispose la figlia.
- Che Dio gli paghi la carità! - mormorò l'inferma, - così resterai senza un quattrino.
- Oh, mamma!
- Quanto gli dobbiamo allo zio Giovanni?
- Dieci lire. Ma non abbiate paura, mamma! Io lavorerò! –
La vecchia la guardò a lungo coll'occhio semispento, e poscia l'abbracciò senza aprir bocca. Il giorno dopo vennero i becchini, il sagrestano e le comari. Quando Nedda ebbe acconciato la morta nella bara, coi suoi migliori abiti, le mise tra le mani un garofano che aveva fiorito dentro una pentola fessa, e la più bella treccia dei suoi capelli; diede ai becchini quei pochi soldi che le rimanevano perché facessero a modo, e non scuotessero tanto la morta per la viottola sassosa del cimitero; poi rassettò il lettuccio e la casa, mise in alto, sullo scaffale, l'ultimo bicchiere di medicina, e andò a sedersi sulla soglia dell'uscio, guardando il cielo.
E le parve che le stelle splendessero come soli, che tutti gli alberi, noti uno per uno, stendessero i rami sulla sua testa per proteggerla, e i sassi della via le accarezzassero i piedi indolenziti.
Il domani, ch'era domenica, venne la visita del medico, il quale concedeva ai suoi malati poveri il giorno che non poteva consacrare ai suoi poderi. Una triste visita davvero! perché il buon dottore non era abituato a far complimenti coi suoi clienti, e nel casolare di Nedda non c'era anticamera, né amici di casa ai quali si potesse annunciare il vero stato dell'inferma.
Nella giornata seguì anche una mesta funzione; venne il curato in rocchetto, il sagrestano coll'olio santo, e due o tre comari che borbottavano non so che preci. La campanella del sagrestano squillava acutamente in mezzo ai campi, e i carrettieri che l'udivano fermavano i loro muli in mezzo alla strada, e si cavavano il berretto. Quando Nedda l'udì per la sassosa viottola tirò su la coperta tutta lacera dell'inferma, perché non si vedesse che mancavano le lenzuola, e piegò il suo più bel grembiule bianco sul deschetto zoppo, reso fermo con dei mattoni. Poi, mentre il prete compiva il suo ufficiò, andò ad inginocchiarsi fuori dell'uscio, balbettando macchinalmente delle preci, guardando come trasognata quel sasso dinanzi alla soglia su cui la sua vecchierella soleva scaldarsi al sole di marzo, e ascoltando con orecchio distratto i consueti rumori delle vicinanze, ed il via vai di tutta quella gente che andava per i propri affari senza avere angustie pel capo. Il curato partì, ed il sagrestano indugiò invano sull'uscio perché gli facessero la solita limosina pei poveri.
Lo zio Giovanni vide a tarda ora della sera la Nedda che correva sulla strada di Punta.
- Ohé! dove vai a quest'ora?
- Vado per una medicina che ha ordinato il medico -.
Lo zio Giovanni era economo e brontolone.
- Ancora medicine! - borbottò, - dopo che ha ordinato la medicina dell'olio santo! già, loro fanno a metà collo speziale, per dissanguare la povera gente! Fai a mio modo, Nedda, risparmia quei quattrini e vatti a star colla tua vecchia.
- Chissà che non avesse a giovare! - rispose tristemente la ragazza chinando gli occhi, e affrettò il passo.
Lo zio Giovanni rispose con un brontolio. Poi le gridò dietro: - Ohe! la varannisa!
- Che volete?
- Anderò io dallo speziale. Farò più presto di te, non dubitare. Intanto non lascerai sola la povera malata -.
Alla ragazza vennero le lagrime agli occhi.
- Che Dio vi benedica! - gli disse, e volle anche mettergli in mano i denari.
- I denari me li darai poi; - rispose ruvidamente lo zio Giovanni, e si diede a camminare colle gambe dei suoi vent'anni.
La ragazza tornò indietro e disse alla mamma: - C'è andato lo zio Giovanni, - e lo disse con voce dolce insolitamente.
La moribonda udì il suono dei soldi che Nedda posava sul deschetto, e la interrogò cogli occhi.
- Mi ha detto che glieli darò poi; - rispose la figlia.
- Che Dio gli paghi la carità! - mormorò l'inferma, - così resterai senza un quattrino.
- Oh, mamma!
- Quanto gli dobbiamo allo zio Giovanni?
- Dieci lire. Ma non abbiate paura, mamma! Io lavorerò! –
La vecchia la guardò a lungo coll'occhio semispento, e poscia l'abbracciò senza aprir bocca. Il giorno dopo vennero i becchini, il sagrestano e le comari. Quando Nedda ebbe acconciato la morta nella bara, coi suoi migliori abiti, le mise tra le mani un garofano che aveva fiorito dentro una pentola fessa, e la più bella treccia dei suoi capelli; diede ai becchini quei pochi soldi che le rimanevano perché facessero a modo, e non scuotessero tanto la morta per la viottola sassosa del cimitero; poi rassettò il lettuccio e la casa, mise in alto, sullo scaffale, l'ultimo bicchiere di medicina, e andò a sedersi sulla soglia dell'uscio, guardando il cielo.
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