da Cecità – José Saramago
Era
ancora presto quando il medico finì di prendere, immaginiamo con che gusto, la
tazza di tè e la fetta di pane tostato che la moglie si era ostinata a preparargli,
troppo presto per trovare nei rispettivi posti di lavoro le persone che
avrebbero dovuto informare. La logica e l’efficacia dettavano che la
comunicazione di quanto stava accadendo fosse fatta direttamente e il più
presto possibile a un alto funzionario
responsabile del Ministero della Sanità, ma non tardò a cambiare idea quando si
rese conto che il presentarsi come semplice medico con un informazione
importante e urgente da comunicare non era sufficiente a convincere l’impiegato
di medio livello con cui alla fine, dopo molte suppliche, la centralinista aveva
acconsentito a metterlo in contatto. L’uomo volle sapere di che cosa si
trattasse prima di passargli il diretto superiore, ede era chiaro che qualunque
medico con senso di responsabilità non si sarebbe messo ad annunciare il
sorgere di una epidemia di cecità al primo subalterno che gli fosse comparso
davanti, il panico sarebbe stato immediato. Gli rispondeva l’impiegato, Lei
afferma di essere un medico, se vuole che le dica che ci credo, ebbene sì, ci
credo, ma ho degli ordini, o mi dice di che cosa si tratta, o non procedo, È
una questione confidenziale, Le questioni confidenziali non si trattano per
telefono, sarà meglio che venga personalmente, Non posso uscire da casa, Vuole
dire che è malato, Sì, sono malato, disse il cieco dopo un attimo di
esitazione, In questo caso dovrà chiamare un medico, un medico vero, ribatté l’impiegato
e, affascinato dal proprio spirito, riagganciò il telefono.
L’insolenza
lo colpì come uno schiaffo. Solo dopo alcuni minuti riacquistò la serenità
sufficiente per raccontare alla moglie la villania con cui era stato trattato.
Dopo, come se avesse appena scoperto qualcosa che fosse obbligato a sapere da
lungo tempo, mormorò, triste, È di questa pasta che siamo fatti, metà di
indifferenza e metà di cattiveria. Stava per domandare, dubbioso, E adesso,
quando capì di avere perso tempo, l’unico modo di far arrivare l’informazione
dov’era opportuno, per via sicura, sarebbe stato parlare col direttore sanitario
del proprio ente ospedaliero, da medico a medico, senza burocrati in mezzo, poi
questi si sarebbe incaricato di mettere in funzione il maledetto ingranaggio.
La moglie fece la chiamata, sapeva a memoria il numero di telefono dell’ospedale.
Quando risposero, il medico si identificò e poi disse frettolosamente, Bene,
grazie mille, senza dubbio la centralinista aveva domandato, Come sta, dottore,
e ciò che diciamo quando non vogliamo fare la parte del debole, abbiamo detto,
Bene, e stavamo morendo, ciò che normalmente si suole definire come prendere il
coraggio a quattro mani, un fenomeno che solo nella specie umana è stato
osservato. Quando il direttore rispose, Allora, cosa c’è, il medico gli domandò
se era solo, se non ci fosse intorno qualcuno che potesse sentire, della
centralinista non c’era da temere, aveva altro da fare che ascoltare le
conversazioni di oculistica, a lei soltanto la ginecologia le interessava. Il
resoconto del medico fu breve ma completo, senza perifrasi, senza parole in
più, senza ridondanze, e fatto con una secchezza clinica che, tenendo conto
della situazione, finì per sorprendere anche il direttore, Ma lei è davvero
cieco, domandò, Totalmente, In tutti i casi, potrebbe trattarsi di una
coincidenza, potrebbe non esserci stato realmente, in senso stretto, un
contagio, D’accordo, il contagio non è dimostrato, ma qui non è che è diventato
cieco lui e sono diventato io cieco io, ciascuno a casa propria, senza esserci
visti, l’uomo mi si è presentato cieco per una visita e io sono diventato cieco
poche ore dopo, Come faremo a ritrovarlo, Ho nome e l’indirizzo al laboratorio,
Manderò qualcuno immediatamente, Un medico, Sì, un collega, chiaro, Non le
sembra che dovremo comunicare al ministero cosa sta capitando, Per il momento
mi sembra prematuro
trad. Rita Desti
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