Felice Casorati - Ragazza con il libro, 1910
da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia
Le andò semplicemente incontro, l'afferrò per un braccio, la tirò fuori con una certa violenza dal suo nascondiglio, come si fa coi bambini riottosi:
"Fuori questa lettera" le intimò con severità, tenendola ben stretta.
Si guardarono; ora il pensiero che l'amante potesse accorgersi della sua menzogna spaventava e umiliava la fanciulla; ella capiva che quel pezzo di carta non doveva aver alcuna importanza, doveva essere un biglietto da visita o chissà quale altra stupidaggine, e soffriva all'idea di essere costretta a confessare all'uomo che i suoi sogni non esistevano.
Fece un ultimo tentativo: "Questo non è giusto, Leo..." incominciò con voce querula; "io..."
"La lettera!" intimò l'uomo per la seconda volta.
Ella capì che era inutile ribellarsi. "Sarà quel che sarà" pensò rassegnata e anche un poco interessata da quel che la lettera potesse contenere; mise la mano sul petto, ne trasse il pezzo di carta, lo tese all'uomo: " Eccola."
Leo lo prese, ma prima di esaminarlo guardò la fanciulla. Allora, chissà perché, fu come se un'insormontabile vergogna l'avesse d'improvviso assalita; bruscamente, il volto di Carla si contrasse, ella si voltò, andò al letto, vi si buttò nascondendosi il volto nelle mani; fu soltanto un gesto, non l'accompagnarono né l'animo né alcun vero sentimento; ella stessa non s'ingannò sul suo significato; poi ad un tratto, sentì l'uomo ridere, e rialzò la testa:
"Ma è il mio biglietto" egli le gridò andandole incontro, "il mio biglietto che io ti ho dato oggi."
Ella non si stupì; in fondo quella storia della lettera era assurda, nessuno poteva scriverle, nessuno l'amava... ma ciò nonostante le parve crudelmente ingiusto che così fosse; ingiusta questa assenza del miracolo (perché non poteva quel gran desiderio che ne aveva cambiare in epistola amorosa quello stupido biglietto?), ingiusta questa meticolosa realtà: impallidì:
"Già, il tuo biglietto" disse con un senso di delusione amara e inevitabile. "Che cosa volevi che fosse?"
"Ma allora" egli continuò avvicinandosi e sedendole a fianco, sul letto "allora sono io quell'uomo... capelli castani, fronte calma... sono io che ami."
Le andò semplicemente incontro, l'afferrò per un braccio, la tirò fuori con una certa violenza dal suo nascondiglio, come si fa coi bambini riottosi:
"Fuori questa lettera" le intimò con severità, tenendola ben stretta.
Si guardarono; ora il pensiero che l'amante potesse accorgersi della sua menzogna spaventava e umiliava la fanciulla; ella capiva che quel pezzo di carta non doveva aver alcuna importanza, doveva essere un biglietto da visita o chissà quale altra stupidaggine, e soffriva all'idea di essere costretta a confessare all'uomo che i suoi sogni non esistevano.
Fece un ultimo tentativo: "Questo non è giusto, Leo..." incominciò con voce querula; "io..."
"La lettera!" intimò l'uomo per la seconda volta.
Ella capì che era inutile ribellarsi. "Sarà quel che sarà" pensò rassegnata e anche un poco interessata da quel che la lettera potesse contenere; mise la mano sul petto, ne trasse il pezzo di carta, lo tese all'uomo: " Eccola."
Leo lo prese, ma prima di esaminarlo guardò la fanciulla. Allora, chissà perché, fu come se un'insormontabile vergogna l'avesse d'improvviso assalita; bruscamente, il volto di Carla si contrasse, ella si voltò, andò al letto, vi si buttò nascondendosi il volto nelle mani; fu soltanto un gesto, non l'accompagnarono né l'animo né alcun vero sentimento; ella stessa non s'ingannò sul suo significato; poi ad un tratto, sentì l'uomo ridere, e rialzò la testa:
"Ma è il mio biglietto" egli le gridò andandole incontro, "il mio biglietto che io ti ho dato oggi."
Ella non si stupì; in fondo quella storia della lettera era assurda, nessuno poteva scriverle, nessuno l'amava... ma ciò nonostante le parve crudelmente ingiusto che così fosse; ingiusta questa assenza del miracolo (perché non poteva quel gran desiderio che ne aveva cambiare in epistola amorosa quello stupido biglietto?), ingiusta questa meticolosa realtà: impallidì:
"Già, il tuo biglietto" disse con un senso di delusione amara e inevitabile. "Che cosa volevi che fosse?"
"Ma allora" egli continuò avvicinandosi e sedendole a fianco, sul letto "allora sono io quell'uomo... capelli castani, fronte calma... sono io che ami."
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