20 giugno 2019

da Il capitale - Karl Marx

da Il capitale - Karl Marx

Il movimento del capitale attraverso la sfera della produzione e le due fasi della sfera della circolazione si compie, come s’è visto, in una successione temporale. La durata della sua permanenza nella sfera della produzione costituisce il suo tempo di produzione, quella nella sfera della circolazione il suo tempo di circolazione o di giro. Il tempo totale in cui il capitale descrive il suo ciclo è perciò uguale alla somma del tempo di produzione e del tempo di circolazione.
Il tempo di produzione comprende naturalmente il periodo del processo lavorativo, ma non è da esso limitato. Si rammenti, in primo luogo, che una parte del capitale costante esiste in mezzi di lavoro come macchine, fabbricati ecc., i quali fino al termine della loro esistenza servono gli stessi processi lavorativi, sempre di nuovo ripetuti. Periodiche interruzioni del processo lavorativo, ad esempio di notte, interrompono, è vero, la funzione di questi mezzi di lavoro, ma non la loro permanenza nel luogo di produzione. A questo appartengono non solo quando sono in funzione, ma anche quando non lo sono. D’altra parte, il capitalista deve tener pronta una de terminata scorta di materie prime e materie ausiliarie, affinché il processo di produzione proceda su di una scala precedentemente determinata per periodi più o meno lunghi, senza dipendere dalle vicende dell’approvvigionamento quotidiano del mercato. Questa scorta di materie prime ecc. viene consumata produttivamente sol tanto poco alla volta. Perciò v’è differenza tra il suo tempo di produzione[9] e il suo tempo di funzione. Il tempo di produzione dei mezzi di produzione comprende dunque in generale:
1) il tempo durante il quale essi sono in funzione come mezzi di produzione, cioè servono nel processo di produzione,
2) le pause durante le quali il processo di produzione, quindi anche la funzione dei mezzi di produzione ad esso incorporati, è interrotto,
3) il tempo durante il quale essi sono bensì pronti come condizioni del processo, quindi rappresentano già capitale produttivo, ma non sono ancora entrati nel processo di produzione.
La differenza finora considerata è ogni volta differenza tra il tempo di permanenza del capitale produttivo nella sfera della produzione e il suo tempo di permanenza nel processo di produzione. Ma il processo di produzione stesso può determinare interruzioni del processo lavorativo e perciò del tempo di lavoro, intervalli in cui l’oggetto del lavoro viene lasciato all’azione di processi fisici senza ulteriore aggiunta di lavoro umano. Il processo di produzione — perciò la funzione dei mezzi di produzione — continua in questo caso, nonostante che il processo lavorativo, e perciò la funzione dei mezzi di produzione in quanto mezzi di lavoro, sia interrotta. Così, ad esempio, il grano che è seminato, il vino che fermenta in cantina, materie prime di molte manifatture, come ad esempio conce,. che sono sottoposte a processi chimici. Il tempo di produzione è qui maggiore del tempo di lavoro. La differenza tra i due consiste in una eccedenza del tempo di produzione sul tempo di lavoro. Questa eccedenza si fonda sempre sul fatto che capitale produttivo si trova latente nella sfera della produzione, senza essere in funzione anche nel processo di produzione, ovvero, che esso è in funzione nel pro cesso di produzione senza trovarsi nel processo di lavoro.
La parte del capitale produttivo latente che giace pronta solo come condizione per il processo di produzione, come cotone, carbone ecc. nella filanda, non opera da formatrice né di prodotto, né di valore. È capitale che giace inattivo, sebbene la sua inattività costituisca una condizione dell’ininterrotto fluire del processo di produzione. I fabbricati, attrezzature ecc., necessari per servire da serbatoi della scorta produttiva (del capitale latente) sono condizioni dei processo di produzione e sono perciò parti costitutive del capitale produttivo anticipato. Essi adempiono la loro funzione di custodi delle parti costitutive della produzione nello stadio preparatorio. In quanto in questo stadio sono necessari processi lavorativi, essi aumentano il prezzo delle materie prime ecc., ma sono lavori produttivi e creano plusvalore, perchè una parte di questo lavoro, come di ogni altro lavoro salariato, non viene pagata. Le normali interruzioni dell’intero processo di produzione, cioè gli intervalli in cui il capitale produttivo non è in funzione, non producono né valore né plusvalore. Onde, la tendenza a far lavorare anche di notte (Libro I, cap. VIII, 4). Le interruzioni nel tempo di lavoro, che l’oggetto di lavoro deve subire durante lo stesso processo di produzione, non creano né valore né plusvalore; ma fanno progredire il prodotto, costituiscono una parte della vita di esso, un processo che esso deve compiere. Il valore delle attrezzature ecc. viene trasferito nel prodotto, in rapporto all’intero tempo durante il quale esse sono in funzione; il prodotto è posto dal lavoro stesso in questo stadio e l’uso di queste attrezzature è una condizione della produzione quanto la polverizzazione di una parte del cotone che non entra nel prodotto, ma che tuttavia trasferisce in esso il proprio valore. L’altra parte del capitale latente, come fabbricati, macchine ecc., cioè i mezzi di lavoro, la cui funzione è interrotta solo dalle regolari pause del processo di produzione — le interruzioni irregolari, in seguito a riduzioni della produzione, crisi ecc. sono pure perdite — aggiunge valore senza entrare nella formazione del prodotto; il valore complessivo che essa aggiunge al prodotto è determinato dalla sua durata media; essa perde valore, perchè perde valore d’uso, tanto nel tempo in cui è in funzione quanto anche nel tempo in cui non lo è.
Infine, il valore della parte di capitale costante che permane nel processo di produzione, sebbene il processo di lavoro sia interrotto, ricompare nel risultato del processo di produzione. Mediante il lavoro stesso, i mezzi di produzione sono qui posti in condizioni in cui essi percorrono da sè determinati processi naturali, il cui risultato è un determinato effetto utile o una forma mutata del loro valore d’uso. Il lavoro trasferisce sempre nel prodotto il valore dei mezzi di produzione, in quanto realmente li consuma conformemente allo scopo, come mezzi di produzione. Le cose non mutano se, per dare origine a questo effetto, il lavoro deve operare continuamente sull’oggetto di lavoro mediante i mezzi di lavoro, né se è sufficiente che esso dia soltanto l’avvio, ponendo i mezzi di produzione in con dizioni per le quali, senza altra cooperazione del lavoro, i mezzi di produzione, da soli, in seguito a processi naturali, subiscano i previsti mutamenti.
Qualunque sia il motivo dell’eccedenza del tempo di produzione sul tempo di lavoro — sia che i mezzi di produzione costituiscano solo capitale produttivo latente, si trovino perciò ancora alla soglia del vero e proprio processo di produzione, o che, entro il processo di produzione, per le pause di questo, la loro propria funzione sia interrotta, o che, infine, il processo di produzione stesso determini interruzioni del processo di lavoro — in nessuno di questi Casi i mezzi di produzione operano come succhiatori di lavoro Se essi non succhiano lavoro, non succhiano neppure pluslavoro. Perciò non ha luogo valorizzazione del capitale produttivo fino à che esso si trova in quella parte del suo tempo di produzione che è eccedente sul tempo di lavoro, per quanto il compimento del processo di valorizzazione possa essere inseparabile da queste sue pause. È chiaro che quanto più tempo di produzione e tempo di lavoro coincidono, tanto maggiore è la produttività e la valorizzazione di un dato capitale produttivo in un dato spazio di tempo. Di qui la tendenza della produzione capitalistica ad accorciare il più possibile l’eccedenza del tempo di produzione sul tempo di lavoro. Ma, sebbene il tempo di produzione del capitale possa discostarsi dal suo tempo di lavoro, lo racchiude sempre, e l’eccedenza stessa è condizione del processo di produzione. Il tempo di produzione è dunque sempre il tempo durante il quale il capitale produce valori d’uso e valorizza se stesso, opera perciò come capitale produttivo, sebbene includa del tempo in cui o è latente, ovvero anche produce senza valorizzarsi.

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