Luis Egidio Meléndez - Natura morta con frutta
da L’oro di Napoli – Giuseppe
Marotta
Abitavamo in
via Purità a Materdei, una stanzetta con finestrelle da presepio che davano sul
vico Neve. In che senso, neve?Era anzi una viuzza piena di sudici “bassi”, con
bottegucce di ciabattini e di carbonai e soprattutto dei più miseri
fruttivendoli che si possano supporre, la loro mostra si componeva di due sedie
accostate sulle quali con tragica arte essi disponevano gruppetti di frutta a
un soldo ciascuno: due noci e una nespola, un’arancia e una ciocca di ciliegie,
due mandorle e una contusa albicocca. Perché vico Neve? In un attimo quel
nerissimo popolino i arroventava imbastendo una lite, uomini che alla svelta si
frantumavano le ossa oppure donne che si insolentivano per lunghe ore, trattenute dai vicini sulla soglia dei
rispettivi “bassi”¸là, come su un
palcoscenico, le braccia levate al cielo, esse intonavano litanie di
atrocissime offese, interminabili elenchi di colpe e di oscenità che facevano
dire a mia madre “Gesù, salvateci” e che si confondevano, verso sera, con i
richiami dei venditori di ulivi e con i rauchi suoni dei campanacci che
annunziavano il ritorno di qualche sentenziosa mucca alle grotte delle
Fontanelle. Vivevo solo con mia madre, in quel tempo, essendosi sposate le mie
sorelle; dormivamo nel grande letto d’ottone in cui ero nato, di giorno mi
sentivo talmente uomo da indebitarmi con i più sordidi strozzini di Napoli, ma
la notte ridiventavo bambino, mi piaceva la mano di lei nei capelli e gustare,
mentre chiudevo gli occhi, un remoto odore di culla che il mio sangue non aveva
dimenticato.
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