15 giugno 2019

Furore - John Steinbeck

Furore - John Steinbeck

Tom udì dei passi dietro di sé, e si voltò per guardare in casa. Nonno stava uscendo dalla stanza da letto, e, come al mattino, armeggiava con i bottoni della patta. “Ho sentito parlare,” disse. “Brutti figli di puttana, perché non lasciate dormire in pace un povero vecchio?” Le sue dita furenti riuscirono a disfare gli unici due bottoni della patta abbottonati. La sua mano s’infilò nel varco e cominciò a raspare allegramente sotto i testicoli. Ma’ entrò con le mani bagnate e i palmi arrossati e gonfi per l’acqua calda e il sapone.“Mi pareva che dormivi. Aspetta che t’abbottono.” E, nonostante Nonno si dimenasse, Ma’ lo tenne fermo e gli abbottonò la canottiera e la camicia e la patta. “Ecco, ora puoi uscire,” disse, e lo lasciò andare. E Nonno farfugliò, indispettito: “Uno fa proprio una bella... una bella...quando gli abbottonano i pantaloni. Io me li voglio abbottonare da solo”.Ma’ disse in tono scherzoso: “Guarda che in California la gente non la lasciano andare in giro colla patta aperta”.“No, eh? Be’, gli faccio vedere io. Si credono che m’imparano l’educazione? Io se mi va me ne vado in giro colle palle di fuori!”Ma’ disse: “Parla sempre più sporco ogni anno che passa. Gli pare che così si dà importanza”.Il vecchio spinse all’infuori il mento ispido e guardò Ma’ con i suoi occhietti scaltri, maligni, allegri. “Eh be’,” disse, “tra un po’ ce n’andiamo,perdio. Dice che in quel posto c’è tanta di quell’uva che gli cresce pure in mezzo alla strada. Lo sapete che faccio quando arrivo? Mi riempio una tinozza d’uva, poi c’entro dentro, mi rivolto tutto quanto e me la faccio colare sulle mutande.”Tom rise. “Perdio, Nonno è così tosto che non lo calmi manco se campa duecento anni,” disse. “Allora sei pronto per partire, Nonno?”Il vecchio avvicinò una cassa e vi si sedette pesantemente. “Sissignore,”disse. “E ti dico ch’era ora, perdio. Mio fratello se n’è andato in California quarant’anni fa. Mai più saputo niente di lui. Era un lurido figlio di puttana.109
Nessuno gli voleva bene. Se n’è scappato colla mia Colt a un colpo. Se mi capita di vederlo in California, o magari i suoi figli se laggiù n’ha fatto qualcuno, gli dico di tornarmi la Colt. Ma per come lo conosco, quello s’ha fatto dei figli l’ha fatti in casa d’altri e gliel’ha lasciati da allevare. Sono proprio contento d’andare in California. Capace che lì mi rifaccio nuovo. Appena arrivo mi metto a raccogliere la frutta.”Ma’ annuì. “E non scherza,” disse. “Tre mesi fa era ancora lì che lavorava,l’ultima volta che gl’è uscito l’osso del fianco.”“Proprio così,” disse Nonno. Dal gradino della soglia, Tom guardò verso il fondo dell’aia. “Ecco il predicatore che torna. Viene da dietro il fienile.”Ma’ disse: “Mai sentita una preghiera così strana come quella che ha fatto stamattina. Manco pareva una preghiera. Era come se parlava e basta, ma colla voce delle preghiere”.“È un tipo strano,” disse Tom. “Parla sempre strano. Ma è come se parla da solo. Non cerca di metterti in testa qualcosa.”“L’hai visto che sguardo che ha?” disse Ma’. “Pare battezzato. Dice che quelli così ti vedono dentro. Pare proprio battezzato. Cammina sempre con la testa bassa, e guarda a terra come se non vede niente. Quello sì ch’è uno battezzato.” E smise di parlare, perché Casy era arrivato davanti alla porta.“Ti pigli un colpo di sole se vai in giro così,” disse Tom. Casy disse: “Be’... capace di sì”. A un tratto si rivolse a tutti loro, a Ma’ e Nonno e Tom. “Io all’Ovest ci devo andare. Ci devo proprio andare. Magari ci posso andare con voi.” E chinò la testa, imbarazzato dalle proprie parole.

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