3 luglio 2019

casa – Rupi Kaur

dipinto di Kelly Reemtsen
casa – Rupi Kaur

casa
è cominciato come un giovedì qualunque da quel che ricordo
il sole sulle palpebre mi ha dato il bacio del buongiorno
rammento con precisione
io che esco dal letto
faccio il caffè al rumore dei bambini che giocano di fuori
metto un po’ di musica
carico la lavastoviglie
ricordo di aver messo dei fiori in un vaso
al centro del tavolo di cucina
solo quando il mio appartamento era immacolato
sono entrata nella vasca da bagno
a lavar via dai capelli il giorno prima
mi sono arredata
come lo erano le pareti di casa mia
con cornici librerie fotografie
ho appeso una collana al collo
agganciato orecchini
applicato rossetto come pittura
pettinato i capelli all’indietro – un giovedì qualunque
siamo finiti in un’uscita tra amici
a fine serata mi hai chiesto se mi servisse un passaggio
ho detto sì perché i nostri padri erano colleghi di lavoro
e tu eri stato tante volte a cena a casa mia
ma avrei dovuto capire
quando hai cominciato a confondere
il buon dialogo con il corteggiamento
quando mi hai detto di sciogliere i capelli
quando invece di portarmi a casa mia
verso il luminoso incrocio
di luci e vita – hai sterzato a sinistra
imboccando la strada del nulla
ti ho chiesto dove andassimo
mi hai chiesto se avessi paura
la mia voce si è buttata oltre l’orlo della mia gola
è atterrata in fondo alla pancia e si è nascosta per mesi
tutte le varie parti di me
hanno spento le luci
chiuso le imposte
serrato le porte
mentre mi nascondevo dietro qualche
armadio al piano di sopra della mia mente e
qualcuno infrangeva le finestre – tu
sfondava a calci la porta d’ingresso – tu
prendeva tutto
e poi qualcuno prendeva me
– sei stato tu.
a tuffarti in me con forchetta e coltello
negli occhi un luccichio famelico
come se non mangiassi da settimane
io ero cinquanta chili di carne fresca
che tu hai scuoiato e sbudellato con le dita
come se stessi svuotando un melone
mentre io gridavo mamma
tu mi hai inchiodato i polsi a terra
hai ridotto il mio seno a un frutto ammaccato
adesso questa casa è vuota
niente gas
niente elettricità
niente acqua corrente
il cibo è andato a male
uno strato di polvere mi ricopre da capo a piedi
moscerini. ragnatele. cimici.
qualcuno chiami l’idraulico
ho lo stomaco intasato – è da allora che vomito
chiamate l’elettricista
non mi si accendono più gli occhi
chiamate i lavandai che mi ripuliscano e mi stendano ad asciugare
quando ti sei introdotto nella mia casa
non l’ho più sentita mia
non riesco a far entrare neppure un amante senza avere la nausea
perdo il sonno dopo il primo appuntamento
perdo l’appetito
divento più ossa e meno pelle
dimentico di respirare
ogni notte la mia camera diventa un manicomio
dove gli attacchi di panico trasformano gli uomini
in medici che mi tengano buona
tutti gli amanti che mi toccano – mi sembrano te
le loro dita – te
la bocca – te
finché non sono più loro
a stare su di me – sei tu
e io sono talmente stanca
di fare a modo tuo
– così non va
ho passato anni a cercare di capire
come avrei potuto fermarti
ma il sole non può fermare la tempesta
l’albero non può fermare la scure
non posso più incolparmi di avere in petto
un buco della taglia del tuo membro
pesa troppo la tua colpa – adesso la metto giù
sono stanca di arredare questa casa con la tua vergogna
come se appartenesse a me
è troppo ingombrante da portare con me
ciò che hanno fatto le tue mani
se non sono le mie ad averlo fatto
la verità mi appare all’improvviso – dopo anni di piogge
la verità mi appare come il sole
che si riversa da una finestra aperta
ci vuole tempo per arrivarci
ma alla fine il cerchio si chiude
ci vuole una persona lacerata che venga a cercare
un significato tra le mie gambe
ci vuole una persona completa. integra. perfettamente progettata
per sopravvivere a questo
ci vogliono mostri che rubino anime
e combattenti che le rivendichino
questa casa è quella in cui sono venuta a questo mondo
è stata la prima casa
sarà l’ultima casa
non puoi prenderla tu
per te non c’è posto
né benvenuto sullo zerbino
né camera supplementare
apro tutte le finestre
per arieggiarla
metto fiori in un vaso
al centro del tavolo di cucina
accendo una candela
carico in lavastoviglie tutti i miei pensieri
finché non sono immacolati
strofino le superfici piane
e poi
intendo entrare in vasca da bagno
a lavar via dai capelli il giorno prima
arredarmi d’oro il corpo
mettere musica
appoggiare la schiena
sollevare i piedi
e godermi
questo giovedì pomeriggio qualunque

Trad. Alessandro Storti

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