Lisandro Rota - L'albero della vita
da Marcovaldo – Italo Calvino
Autunno
15 La pioggia e le foglie
Ma con tutto che l'avesse pensato, aprendo la finestra al mattino non poteva credere ai suoi occhi: la pianta ora ingombrava mezza finestra, le foglie erano per lo meno raddoppiate di numero, e non più reclinate sotto il loro peso ma tese e aguzze come spade. Scese le scale col vaso stretto al petto, lo legò al portapacchi e corse in ditta.
Era spiovuto, ma la giornata rimaneva incerta. Marcovaldo non era ancora sceso di sella, quando riprese a cascare qualche goccia. «Visto che le fa così bene, la lascio ancora in cortile» pensò lui.
In magazzino, ogni tanto andava a mettere il naso fuori della finestrella che dava sul cortile. Questo suo distrarsi dal lavoro, al magazziniere–capo non garbava. – Be', cosa ci hai oggi, da guardare fuori?
– Cresce! Venga a vedere anche lei, signor Viligelmo! – e Marcovaldo gli faceva cenno con la mano, e parlava quasi sottovoce, come se la pianta non dovesse accorgersene. – Guardi come cresce! Neh, che è cresciuta?
– Sì, è cresciuta un bel po', – ammise il capo, e per Marcovaldo fu una di quelle soddisfazioni che la vita in ditta riserva ben di rado al personale.
Era sabato. Il lavoro terminava all'una e fino al lunedì non si tornava. Marcovaldo avrebbe voluto riprendere la pianta con sé, ma ormai, non piovendo più, non sapeva che scusa trovare. Il cielo però non era sgombro: nubi nere, a cumuli, erano sparse un po' qua e un po' là. Andò dal capo, che, appassionato di meteorologia, teneva appeso sopra il suo tavolo un barometro. – Come si mette, signor Viligelmo?
– Brutto, sempre brutto, – lui disse. – Del resto, qui non sta piovendo, ma nel quartiere dove abito sì: ho telefonato ora a mia moglie.
– Allora, – s'affrettò a proporre Marcovaldo, – io porterei la pianta a fare un giro dove piove, – e detto fatto tornò a sistemare il vaso sul portapacchi della bici.
15 La pioggia e le foglie
Ma con tutto che l'avesse pensato, aprendo la finestra al mattino non poteva credere ai suoi occhi: la pianta ora ingombrava mezza finestra, le foglie erano per lo meno raddoppiate di numero, e non più reclinate sotto il loro peso ma tese e aguzze come spade. Scese le scale col vaso stretto al petto, lo legò al portapacchi e corse in ditta.
Era spiovuto, ma la giornata rimaneva incerta. Marcovaldo non era ancora sceso di sella, quando riprese a cascare qualche goccia. «Visto che le fa così bene, la lascio ancora in cortile» pensò lui.
In magazzino, ogni tanto andava a mettere il naso fuori della finestrella che dava sul cortile. Questo suo distrarsi dal lavoro, al magazziniere–capo non garbava. – Be', cosa ci hai oggi, da guardare fuori?
– Cresce! Venga a vedere anche lei, signor Viligelmo! – e Marcovaldo gli faceva cenno con la mano, e parlava quasi sottovoce, come se la pianta non dovesse accorgersene. – Guardi come cresce! Neh, che è cresciuta?
– Sì, è cresciuta un bel po', – ammise il capo, e per Marcovaldo fu una di quelle soddisfazioni che la vita in ditta riserva ben di rado al personale.
Era sabato. Il lavoro terminava all'una e fino al lunedì non si tornava. Marcovaldo avrebbe voluto riprendere la pianta con sé, ma ormai, non piovendo più, non sapeva che scusa trovare. Il cielo però non era sgombro: nubi nere, a cumuli, erano sparse un po' qua e un po' là. Andò dal capo, che, appassionato di meteorologia, teneva appeso sopra il suo tavolo un barometro. – Come si mette, signor Viligelmo?
– Brutto, sempre brutto, – lui disse. – Del resto, qui non sta piovendo, ma nel quartiere dove abito sì: ho telefonato ora a mia moglie.
– Allora, – s'affrettò a proporre Marcovaldo, – io porterei la pianta a fare un giro dove piove, – e detto fatto tornò a sistemare il vaso sul portapacchi della bici.
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