17 giugno 2020

Fedra – Marina Cvetaeva



dipinto di Matt Talbert
Fedra – Marina Cvetaeva

I
LAMENTO

Ippolito! Ippolito! Fa male!
È arsura, ustione! In porpora
le guance… Orrore crudo
in questo nome: Ippolito!

È onda prolungata
su rive di granito…
Di Ippolito deliro…
Ippolito mi smania…

Le braccia vogliono alla terra.
I denti – nella ghiaia – in schegge!
Insieme – piangere e giacersi!
Si infiamma il seno ardente…

Nelle narici e nelle labbra polvere
di Ercolano… Sfiorisco… Cieca…
Ippolito: tagliente più di lama…
Più arsi di deserti…

Tafano nel pianto spalancato
dell'ulcera profonda. E infuria.
Brenna che al galoppo incalza
la rossa piaga sanguinante.

Ippolito! Nasconditi! Più dentro
in questo peplo – nella cripta!
Eliso per giumente bolse:
macello, scannatoio…

Ippolito! Ippolito! Brucia!
Tra i seni, nella media fonte afosa,
non il tuo lieve petalo mi smangia:
il rostro delle Arpie.

Ippolito! Ippolito! Da bere!
Figliastro, figlio? No: correo!
Non marmi: lava, brace
sotto i piedi! L’ira dell’Olimpo?

Gli dei? È cieco il loro sguardo.
E siamo noi a scolpirli. Ippolito!
Ippolito! Nel manto – mia segreta!
Nel peplo – mio sepolcro!

Ippolito! Disseta…

2
EPISTOLA

Dalla Madre – da Fedra – a Ippolito un messaggio:
al ragazzo capriccioso, alla bellezza – come cera
a Febo: a Fedra sfugge… E dunque
a Ippolito da Fedra: di labbra tenere il lamento.

Saziami l’anima! (Non sfiorando le labbra non è dato
Saziare l’anima!) Non è dato, prostrandosi alle labbra,
non prostrarsi a Psiche, della bocca ospite alata…
Saziami l’anima e dunque: le mie labbra.

Sono stanca… A meretrici e vestali la vergogna!
Non la semplice impudenza a te urla! Semplici sono
solo mani e parole… Dietro il fremito di labbra e palmi
c’è un altissimo mistero: il silenzio il suo anello.

Perdonami, virgineo! adolescente! cavaliere! del piacere
nemico! Non la lussuria, né il beato del grembo femminile!
È lei che mi lusinga, è Psiche – ad ascoltare
il balbettio di Ippolito vicinissima alle labbra.

“Vergognati!” – Ma è tardi! È l’ultima vampata!
Sciolte le briglie, dal ripido crinale – in polvere! –
anch'io sono amazzone. E dunque, dall’alto dei seni,
dai fatali colli – nell’abisso del tuo petto!

(Non del mio stesso?) – Provaci! Più audace! Più tenero! Come
sulla lavagna di cera – cera dell’olivastro cuore –
incidere segni con stilo di scolaro… oh, lascia
che il segreto di Ippolito legga con le labbra

la tua Fedra insaziabile…

traduzione di Serena Vitale
da Marina Cvetaeva, Dopo la Russia, a cura di Serena Vitale
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

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