7 luglio 2020

da Un amore – Dino Buzzati



dipinto di Charles Levier
da Un amore – Dino Buzzati

Dopo tanto tempo ah. La tregua. Anche se è sconfitto. Per la seconda e ultima volta sconfitto. Ma anche l’esercito sbaragliato respira quando è finita la battaglia. Silenzio, il cuore non rimbomba più, solo sfilacciamenti di fumo qua e là.
La guarda. Si domanda: potrebbe ancora farmi impazzire? Gli sembra di no. Se per due tre giorni non si facesse più trovare impazzirei? Gli sembra di no. Se sapessi che è stata in letto con un altro, impazzirei? Gli sembra di no.
Ahimè, guarito. E non c’è più l’inferno. Lei è qui accanto addormentata. Ma allora dovrei essere felice. Sono felice? No. Stanchezza, vuoto, malinconia, una di quelle malinconie gigantesche che lo prendevano da ragazzo in sul far della sera solo che allora nella malinconia era nascosto il pensiero del tempo che verrà, anni innumerevoli che si perdono lontano, mentre adesso non c’è pensiero degli anni che verranno adesso già la porta si
può intravedere laggiù in fondo, altro che futuro, la porta chiusa che si aprirà nel buio. Ecco la spiegazione, sono finiti l’affanno la gelosia la disperazione ma insieme si è esaurita la tempesta. Furore rabbia frenesia galoppo fiammeggiamento vita era, giovinezza era anche, e adesso esattamente questa notte nel preciso momento che lei ha parlato, che lei è uscita un attimo dal sonno per parlare, nel momento preciso la giovinezza è terminata l’ultimo lembo l’ultima striscia della giovinezza stranamente prolungatasi senza volerlo fino ai cinquant’anni. Fuoco che ha finito di bruciare, nuvola che ha fatto pioggia e la nuvola adesso non c’è più, musica giunta all’ultima sua nota e dopo altre note non verranno, stanchezza vuoto solitudine.

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