René Magritte – L'uomo con la bombetta, 1964
Di molti interessi – Ghiannis Ritsos
Abbiamo letto molto, abbiamo dimenticato molto. Poi abbiamo disimparato ciò che avevamo appreso –
che cosa sono i Sigilli di piombo e cosa sono i Sigillo d’oro – contraffazioni, falsificazioni,
cancellature con la lametta, col temperino con la gommalacca e con lo stiletto;
la nuova scrittura si stendeva sulla pergamena, tradiva
il ladro di privilegi e titoli altrui: e con gli anni il furto fu ratificato,
retaggio da una generazione all’altra di generali, patriarchi, imperatori; - comunque
i loro stemmi erano raffinati – ci piacevano; li ricordiamo ancora –
quella croce d’oro su fondo rosso e le quattro Beta
– due regolari, due capovolte, nella bella grafia bizantina –
e quell’intarsio sul papiro: il Cristo nell’oro puro, e alla sua destra
l’imperatore col piede spostato su un cuscino di porpora, e ai suoi lati
due aquile bicipiti finemente lavorate. E l’aquila che si librava sulla rupe a picco,
strano, aveva solo una testa; – stentavamo a crederlo. Poi dissero
che non ne aveva nessuna; ma anche noi lo stesso
(se si fosse trovato uno specchio per guardarci) anche noi eravamo senza testa,
solo i nostri occhi, fuggiti dietro le grosse foglie
del caprifico ci scrutavamo appagati
nudi, incolumi, con intorno al collo già mozzato il cappio ormai inutile
che ci ricadeva allentato sul petto, ci toccava il ginocchio sinistro, esteticamente.
Karlòvasi, 28.VIII.75
“Poesia” n. 335, marzo 2018. Crocetti Editore
Traduzione di Massimo Cazzulo
Abbiamo letto molto, abbiamo dimenticato molto. Poi abbiamo disimparato ciò che avevamo appreso –
che cosa sono i Sigilli di piombo e cosa sono i Sigillo d’oro – contraffazioni, falsificazioni,
cancellature con la lametta, col temperino con la gommalacca e con lo stiletto;
la nuova scrittura si stendeva sulla pergamena, tradiva
il ladro di privilegi e titoli altrui: e con gli anni il furto fu ratificato,
retaggio da una generazione all’altra di generali, patriarchi, imperatori; - comunque
i loro stemmi erano raffinati – ci piacevano; li ricordiamo ancora –
quella croce d’oro su fondo rosso e le quattro Beta
– due regolari, due capovolte, nella bella grafia bizantina –
e quell’intarsio sul papiro: il Cristo nell’oro puro, e alla sua destra
l’imperatore col piede spostato su un cuscino di porpora, e ai suoi lati
due aquile bicipiti finemente lavorate. E l’aquila che si librava sulla rupe a picco,
strano, aveva solo una testa; – stentavamo a crederlo. Poi dissero
che non ne aveva nessuna; ma anche noi lo stesso
(se si fosse trovato uno specchio per guardarci) anche noi eravamo senza testa,
solo i nostri occhi, fuggiti dietro le grosse foglie
del caprifico ci scrutavamo appagati
nudi, incolumi, con intorno al collo già mozzato il cappio ormai inutile
che ci ricadeva allentato sul petto, ci toccava il ginocchio sinistro, esteticamente.
Karlòvasi, 28.VIII.75
“Poesia” n. 335, marzo 2018. Crocetti Editore
Traduzione di Massimo Cazzulo
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