2 dicembre 2018

Da “Piena estate”, XXV – Derek Walcott

                                                           Achille funi Bather, 1929
Da “Piena estate”, XXV – Derek Walcott

Il sole mi ha trasformato la faccia in terracotta.
Il calore della sua fornace si espande per tutta la casa.
Ma apprezzo le rughe quanto quelle sull’acqua.
Moscerini trivellano un cactus dentellato,
un fuoco ha piegato i coltelli dell’oleandro,
e il ramo di un campaccio si offusca in lettere impazzite.
Una casa di pietre attende sui gradini. La veranda s’incendia.
Ti dirò una promessa che mi ha portato la risacca:
vedrai un’Elena diafana passare come la fiamma
di un carro nel sole, leggero come fumo di legna che oscura
la sabbia senza ombre. I miei palmi sono rigati dalla corda
del mestiere che tiro da più di quarant’anni.
La mia Ionia è l’odore dell’erba bruciata, la maniglia strinata
di una cisterna agostana che cigola a isole ossidate;
i versi che amo sono quelli dove ho lasciato tutti i nodi.
Nei pomeriggi storditi, quando fa troppo caldo per pensare
e la musa di quest’oceano interno è in attesa di un nome,
e dalla stanza buia e salmastra la lenza tesa dell’orizzonte
non prende nulla, aspetto. Le poltrone sudano. I fogli
si accartocciano a terra. Una lucertola annaspa sul muro.
Il mare luccica come zinco. Poi, nella luce della porta:
non Nike che si slaccia il sandalo, ma una ragazza
che schiaffeggia via la sabbia dal piede, una mano sullo stipite.

da Derek Walcott, Nelle vene del mare, a cura di Matteo Campagnoli
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Croc
etti

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