Vincenzo Ciardo - Ulivi sul mare
da “Nedda” – Giovanni Verga
E in una di coteste peregrinazioni vagabonde dello spirito, la fiamma
che scoppiettava, troppo vicina forse, mi fece rivedere un'altra fiamma
gigantesca che avevo visto ardere nell'immenso focolare della fattoria
del Pino, alle falde dell'Etna. Pioveva, e il vento urlava incollerito;
le venti o trenta donne che raccoglievano le olive del podere, facevano
fumare le loro vesti bagnate dalla
pioggia dinanzi al fuoco; le allegre, quelle che avevano dei soldi in
tasca, o quelle che erano innamorate, cantavano; le altre ciarlavano
della raccolta delle olive, che era stata cattiva, dei matrimoni della
parrocchia, o della pioggia che rubava loro il pane di bocca. La vecchia
castalda filava, tanto perché la lucerna appesa alla cappa del focolare
non ardesse per nulla; il grosso cane color di lupo allungava il muso
sulle zampe verso il fuoco, rizzando le orecchie ad ogni diverso ululato
del vento. Poi, nel tempo che cuocevasi la minestra, il pecoraio si
mise a suonare certa arietta montanina che pizzicava le gambe, e le
ragazze incominciarono a saltare sull'ammattonato sconnesso della vasta
cucina affumicata, mentre il cane brontolava per paura che gli
pestassero la coda. I cenci svolazzavano allegramente, e le fave
ballavano anch'esse nella pentola, borbottando in mezzo alla schiuma che
faceva sbuffare la fiamma. Quando le ragazze furono stanche, venne la
volta delle canzonette: - Nedda! Nedda la varannisa! - sclamarono
parecchie. - Dove s'è cacciata la varannisa?
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