3 gennaio 2019

L’elegia alle Muse - Solone

opera di Edson Campos
L’elegia alle Muse - Solone

Splendenti figlie di Mnemosine e di Zeus olimpio, Muse Pieridi, ascoltate la mia preghiera. Concedete che io abbia prosperità dagli dèi beati, e da tutti gli uomini grande fama per sempre. Sia io dolce agli amici e aspro ai nemici; per gli uni degno di onore, per gli altri tremendo a vedersi. Desidero avere ricchezze, ma possederle ingiustamente non voglio: sempre, in seguito, giunge Giustizia. La ricchezza, che danno gli dèi, rimane all’uomo salda, dalla sua più profonda radice fino alla cima; la ricchezza, che gli uomini cercano con prepotenza, non viene secondo ordine ma, obbedendo ad azioni ingiuste, segue controvoglia, e subito a lei si mescola Rovina; da poca cosa ha inizio, come avviene per il fuoco: debole è il principio, ma funesta la fine. Tra i mortali non durano le opere della prepotenza. Il compimento di tutte le cose Zeus sorveglia e, all’improvviso – come spazza subito le nuvole il vento di primavera che, rimosso il fondo del mare sterile, dalle molte onde, sulla terra che produce frumento distrugge i bei lavori dei campi, e giunge poi al cielo, l’inaccessibile sede degli dèi, e fa di nuovo vedere il sereno; limpida rifulge allora la forza del sole sulla pingue terra, e nessuna nube si può più vedere –; così è la punizione di Zeus, ma non in ciascuna occasione, come fa un mortale pronto alla collera. Mai gli sfugge chi ha un cuore malvagio, ma sempre alla fine si disvela. Chi paga subito, chi dopo. Scampino pure alcuni e non li colga il fato divino che sopraggiunge; esso viene ugualmente dopo. Paga chi è senza colpa: o i figli, o la stirpe in futuro.

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