Lisandro Rota - Punto e a capo
da Marcovaldo – Italo Calvino
Autunno
15 La pioggia e le foglie
Il sabato pomeriggio e la domenica, Marcovaldo li passò in questo modo: caracollando sul sellino della sua bicicletta a motore, con la pianta dietro, scrutava il cielo, cercava una nuvola che gli sembrasse ben intenzionata, e correva per le vie finché non incontrava pioggia. Ogni tanto, voltandosi, vedeva la pianta un po' più alta: alta come i taxi, come i camioncini, come i tram! E con le foglie sempre più larghe, dalle quali la pioggia scivolava sul suo cappuccio impermeabile come da una doccia.
Ormai era un albero su due ruote, quello che correva la città disorientando vigili guidatori pedoni. E le nuvole, nello stesso tempo, correvano le vie del vento, sventagliavano di pioggia un quartiere e poi l'abbandonavano; e i passanti uno a uno sporgevano la mano e richiudevano gli ombrelli; e, per vie e corsi e piazze, Marcovaldo rincorreva la sua nuvola, curvo sul manubrio, imbacuccato nel cappuccio da cui sporgeva solo il naso, col motorino scoppiettante a tutto gas, tenendo la pianta nella traiettoria delle gocce, come se lo strascico di pioggia che la nuvola si tirava dietro si fosse impigliato alle foglie e così tutto corresse trascinato dalla stessa forza: vento nuvola pioggia pianta ruote.
Il lunedì Marcovaldo si presentò al signor Viligelmo a mani vuote.
– E la pianta? – chiese subito il magazziniere-capo.
– È fuori. Venga.
– Dove? – fece Viligelmo. – Non la vedo.
– È quella lì. È cresciuta un po'... – e indicò un albero che arrivava al secondo piano. Era piantato non più nel vecchio vaso ma in una specie di barile, e al posto della bicicletta Marcovaldo aveva dovuto procurarsi un motociclo a furgoncino.
– E adesso? – s'infuriò il capo. – Come possiamo farla stare nell'ingresso? Non passa più dalle porte!
Marcovaldo si strinse nelle spalle.
– L'unica, – disse Viligelmo, – è restituirla al vivaio in cambio d'un'altra dalle dimensioni giuste!
Marcovaldo rimontò in sella. – Vado.
Ricominciò la corsa per la città. L'albero riempiva di verde il centro delle vie. I vigili, preoccupati per il traffico, lo fermavano a ogni incrocio; poi – quando Marcovaldo spiegava che stava riportando la pianta al vivaio per toglierla di mezzo – lo lasciavano proseguire. Ma, gira gira, Marcovaldo la strada del vivaio non si decideva a imboccarla.
Di separarsi dalla sua creatura, ora che l'aveva tirata su con tanta fortuna, non aveva cuore: nella sua vita gli pareva di non aver mai avuto tante soddisfazioni come da questa pianta.
Autunno
15 La pioggia e le foglie
Il sabato pomeriggio e la domenica, Marcovaldo li passò in questo modo: caracollando sul sellino della sua bicicletta a motore, con la pianta dietro, scrutava il cielo, cercava una nuvola che gli sembrasse ben intenzionata, e correva per le vie finché non incontrava pioggia. Ogni tanto, voltandosi, vedeva la pianta un po' più alta: alta come i taxi, come i camioncini, come i tram! E con le foglie sempre più larghe, dalle quali la pioggia scivolava sul suo cappuccio impermeabile come da una doccia.
Ormai era un albero su due ruote, quello che correva la città disorientando vigili guidatori pedoni. E le nuvole, nello stesso tempo, correvano le vie del vento, sventagliavano di pioggia un quartiere e poi l'abbandonavano; e i passanti uno a uno sporgevano la mano e richiudevano gli ombrelli; e, per vie e corsi e piazze, Marcovaldo rincorreva la sua nuvola, curvo sul manubrio, imbacuccato nel cappuccio da cui sporgeva solo il naso, col motorino scoppiettante a tutto gas, tenendo la pianta nella traiettoria delle gocce, come se lo strascico di pioggia che la nuvola si tirava dietro si fosse impigliato alle foglie e così tutto corresse trascinato dalla stessa forza: vento nuvola pioggia pianta ruote.
Il lunedì Marcovaldo si presentò al signor Viligelmo a mani vuote.
– E la pianta? – chiese subito il magazziniere-capo.
– È fuori. Venga.
– Dove? – fece Viligelmo. – Non la vedo.
– È quella lì. È cresciuta un po'... – e indicò un albero che arrivava al secondo piano. Era piantato non più nel vecchio vaso ma in una specie di barile, e al posto della bicicletta Marcovaldo aveva dovuto procurarsi un motociclo a furgoncino.
– E adesso? – s'infuriò il capo. – Come possiamo farla stare nell'ingresso? Non passa più dalle porte!
Marcovaldo si strinse nelle spalle.
– L'unica, – disse Viligelmo, – è restituirla al vivaio in cambio d'un'altra dalle dimensioni giuste!
Marcovaldo rimontò in sella. – Vado.
Ricominciò la corsa per la città. L'albero riempiva di verde il centro delle vie. I vigili, preoccupati per il traffico, lo fermavano a ogni incrocio; poi – quando Marcovaldo spiegava che stava riportando la pianta al vivaio per toglierla di mezzo – lo lasciavano proseguire. Ma, gira gira, Marcovaldo la strada del vivaio non si decideva a imboccarla.
Di separarsi dalla sua creatura, ora che l'aveva tirata su con tanta fortuna, non aveva cuore: nella sua vita gli pareva di non aver mai avuto tante soddisfazioni come da questa pianta.
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