Lisandro Rota - progetti per una notte piena di stelle
da Marcovaldo – Italo Calvino
Autunno
15 La pioggia e le foglie
Marcovaldo attraversava la città sotto la pioggia dirotta, curvo sul manubrio della sua bicicletta a motore, incappucciato in una giacca a vento impermeabile. Dietro, sul portapacchi, aveva legato il vaso, e bici uomo pianta parevano una cosa sola, anzi l'uomo ingobbito e infagottato scompariva, e si vedeva solo una pianta in bicicletta. Ogni tanto, da sotto il cappuccio, Marcovaldo voltava indietro lo sguardo fino a veder sventolare dietro le sue spalle una foglia stillante: e ogni volta gli pareva che la pianta fosse diventata più alta e più fronzuta.
A casa – una mansarda col davanzale sui tetti –appena Marcovaldo arrivò col vaso tra le braccia, i bambini presero a fare girotondo.
– L'albero di Natale! L'albero di Natale!
– Ma no, cosa vi viene in mente? C'è tempo a Natale! – protestava Marcovaldo. – Attenti alle foglie che sono delicate!
– Già in questa casa ci stiamo come in una scatola di sardine, – brontolò Domitilla. – Se ci porti pure un albero, dovremo uscire noi...
– Ma se è una piantina! La metto sul davanzale...
L'ombra della pianta sul davanzale si poteva vedere dalla stanza. Marcovaldo a cena non guardava nel piatto ma oltre i vetri della finestra.
Da quando avevano lasciato il seminterrato per la mansarda, la vita di Marcovaldo e famiglia era migliorata di molto. Però anche l'abitare sotto i tetti aveva i suoi inconvenienti: il soffitto per esempio lasciava colare qualche goccia. Le gocce cadevano in quattro o cinque punti ben precisi, a intervalli regolari; e Marcovaldo vi metteva sotto bacinelle o casseruole. Le notti di pioggia quando tutti erano a letto, si sentiva il tic–toc–tuc dei vari gocciolii, che dava un brivido come per un presagio di reumatismi. Quella notte, invece, a Marcovaldo, ogni volta che nel suo sonno inquieto si svegliava e tendeva l'orecchio, il tic–toc–tuc pareva una musichetta allegra: gli diceva che la pioggia continuava, blanda e ininterrotta, e nutriva la pianta, spingeva la linfa su per gli esili peduncoli, tendeva le foglie come vele. «Domani, affacciandomi, la troverò cresciuta!» pensava.
15 La pioggia e le foglie
Marcovaldo attraversava la città sotto la pioggia dirotta, curvo sul manubrio della sua bicicletta a motore, incappucciato in una giacca a vento impermeabile. Dietro, sul portapacchi, aveva legato il vaso, e bici uomo pianta parevano una cosa sola, anzi l'uomo ingobbito e infagottato scompariva, e si vedeva solo una pianta in bicicletta. Ogni tanto, da sotto il cappuccio, Marcovaldo voltava indietro lo sguardo fino a veder sventolare dietro le sue spalle una foglia stillante: e ogni volta gli pareva che la pianta fosse diventata più alta e più fronzuta.
A casa – una mansarda col davanzale sui tetti –appena Marcovaldo arrivò col vaso tra le braccia, i bambini presero a fare girotondo.
– L'albero di Natale! L'albero di Natale!
– Ma no, cosa vi viene in mente? C'è tempo a Natale! – protestava Marcovaldo. – Attenti alle foglie che sono delicate!
– Già in questa casa ci stiamo come in una scatola di sardine, – brontolò Domitilla. – Se ci porti pure un albero, dovremo uscire noi...
– Ma se è una piantina! La metto sul davanzale...
L'ombra della pianta sul davanzale si poteva vedere dalla stanza. Marcovaldo a cena non guardava nel piatto ma oltre i vetri della finestra.
Da quando avevano lasciato il seminterrato per la mansarda, la vita di Marcovaldo e famiglia era migliorata di molto. Però anche l'abitare sotto i tetti aveva i suoi inconvenienti: il soffitto per esempio lasciava colare qualche goccia. Le gocce cadevano in quattro o cinque punti ben precisi, a intervalli regolari; e Marcovaldo vi metteva sotto bacinelle o casseruole. Le notti di pioggia quando tutti erano a letto, si sentiva il tic–toc–tuc dei vari gocciolii, che dava un brivido come per un presagio di reumatismi. Quella notte, invece, a Marcovaldo, ogni volta che nel suo sonno inquieto si svegliava e tendeva l'orecchio, il tic–toc–tuc pareva una musichetta allegra: gli diceva che la pioggia continuava, blanda e ininterrotta, e nutriva la pianta, spingeva la linfa su per gli esili peduncoli, tendeva le foglie come vele. «Domani, affacciandomi, la troverò cresciuta!» pensava.
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