foto di Olga Astratova
Volo di uccelli che sentono la tempesta - Piero BigongiariD’uno in altro finito nelle azzurre
caverne l’infinito schiuma al vento
che involve nel suo fulgido tormento
il colore dei prati, l’ali eterne
di primavera dei sommessi alati:
mare che non ha requie sulle tombe
umane, dove i petti ansano invano,
mare che spinge il suo sorriso a fiore
strano tra scogli e addii. Ad ali tese
precedono gli uccelli la tempesta,
celesti ne disegnano le corolle,
grigi barlumi insegnano alle zolle
e in alto al nido, fermo
ingorgo di mota, di sterpi, d’amore
ch’altro rapprese e sollevò tra i rami
e le grondaie. Altro percorre il fiume
fin oltre la sorgente, un altro lume
avvena le tue mani, ulcera gli occhi.
Chiamami dalla tua sorda caverna,
io sono in basso, tento il piede, salgo
alla tua verna altissima e non ti odo,
amore penetrato come un chiodo
sul legno delle croci che fioriscono.
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