Fernando Botero, dettaglio
da “Gli amori
difficili – Italo Calvino
L'avventura di un
soldato, (1949)
(…)
Allora riattaccò il
mignolo al resto della mano, non ritirandolo ma addossando ad esso l'anulare,
il medio, l'indice: ecco che la sua mano posava inerte su quel ginocchio di
donna e il treno la cullava in una carezza ondosa. Fu allora che Tomagra pensò
agli altri: se la signora, per condiscendenza o per una misteriosa intangibilità,
non reagiva ai suoi ardimenti, c'erano però sedute dirimpetto altre persone che
potevano far scandalo di quel suo comportarsi non da soldato, e di quella
possibile omertà da parte della donna.
Soprattutto per
salvare la signora da quel sospetto Tomagra ritirò la mano, anzi la nascose,
come fosse la sola colpevole. Ma quel nasconderla, pensò poi, non era che un
pretesto ipocrita: difatti, abbandonandola lì sul sedile non intendeva altro
che più intimamente avvicinarla alla signora, che occupava appunto sul sedile
tanto spazio.
Difatti la mano
annaspò intorno, ecco già le dita avvertivano la presenza di lei come un
posarsi di farfalla, ecco bastava con dolcezza spingere tutto il palmo, e
impenetrabile era lo sguardo della vedova sotto la veletta, il petto appena
mosso dal respiro, macché! Tomagra aveva già ritratto la mano come un correre
di topo.
«Non s'è mossa, -
pensava, - forse vuole», ma pensava anche: «Un attimo ancora e sarebbe troppo
tardi. Forse è lì che mi studia per fare una scenata».
Allora, non per altro
che per un prudente sincerarsi, Tomagra strisciò la mano di dorso sul sedile e attese
che fossero le scosse del treno, insensibilmente, a far scivolare sopra le sue
dita la signora. Dire che attese è improprio: infatti con la punta delle dita
spingeva a cuneo tra il sedile e lei, con un movimento impercettibile, che
sarebbe anche potuto essere effetto del correre del treno. Se si fermò, a un
certo punto, non fu perché la signora avesse dato in qualche modo segno di
disapprovare; ma perché, pensò Tomagra, se invece lei accettava, le sarebbe
stato facile con un mezzo roteare di muscoli venirgli incontro, posarglisi, per
così dire, su quella mano in attesa. Per dimostrarle il proposito amichevole di
questa sua assiduità, Tomagra, così sotto alla signora, tentò un discreto
scodinzolio di dita; la signora guardava fuori del finestrino, e con la pigra
mano giocherellava, apri e chiudi, col fermaglio della borsa. Erano segni per
fargli capire di desistere, era un estremo rinvio ch'ella gli concedeva, un avvertimento
che la sua pazienza non poteva essere più a lungo messa a prova? Era questo? -
Tomagra si chiedeva, - era questo?
S'accorse che la sua
mano, come un corto polpo, stringeva la carne di lei. Ormai tutto era deciso:
non poteva più tirarsi indietro, Tomagra; ma lei, lei, lei era una sfinge. La
mano del soldato ora rampava con passi sbiechi di granchio per la coscia; era
allo scoperto, di fronte agli occhi altrui? No, ecco che la vedova rassettava
la giacchetta che portava piegata in grembo, ecco che la faceva spiovere da un
lato. Per offrirgli un riparo o per sbarrargli il varco? Ecco: ora la mano si
muoveva libera e non vista, s'aggrappava a lei, si tendeva in carezze radenti
come un breve propagarsi di vento. Ma il viso della vedova restava voltato in
là, lontano; Tomagra fissava di lei una zona di pelle nuda, tra l'orecchio e il
giro del ricolmo chignon. Ed in quell'ascella d'orecchio il pulsare d'una vena;
era questa la risposta che lei gli dava, chiara, struggente e inafferrabile.
Girò il viso tutt'a un tratto, fiero e marmoreo, si mosse come una tenda il
velo giù dal cappello, e lo sguardo perduto tra le pesanti palpebre. Ma quello
sguardo aveva sorpassato lui, Tomagra, forse non l'aveva neppur sfiorato,
guardava, al di là di lui, qualcosa, o nulla, l'appiglio ad un pensiero, ma
comunque sempre qualcosa più di lui importante. Questo lo pensò dopo, perché
prima, appena aveva visto quel muoversi di lei, s'era gettato indietro subito e
aveva stretto gli occhi come dormisse, cercando di trattenere il rossore che
gli s'andava propagando in viso, e perdendo così forse l'occasione di cogliere nel
primo lampo del suo sguardo una risposta ai propri estremi dubbi.
(…)
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