3 dicembre 2018

da “Gli amori difficili”. L'avventura di un viaggiatore, (1957) – Italo Calvino

Luigi Russolo, Dinamismo di un treno, 1911 ca., olio su tela
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un viaggiatore, (1957) – Italo Calvino
(…)
Quando veramente si svegliò, fu accecato dalla luce che entrava da tutti i vetri senza più tendine. Sul sedile di fronte era schierata una fila di persone che gli parvero molte di più di quante non potessero starci, e in realtà c'era anche un bambino sulle ginocchia d'una donna grassa, ed un uomo era seduto sul suo stesso sedile, nel posto lasciato libero dalle sue gambe ripiegate. Gli uomini avevano facce diverse ma tutte con qualcosa di vagamente ministeriale, con l'unica possibile variante d'un ufficiale d'aviazione con la divisa carica di nastrini; e anche le donne si capiva che andavano a trovare parenti funzionari in qualche ministero, o comunque era tutta gente che andava a Roma a sbrigare delle pratiche funzionariali per sé o per altri. E tutti costoro, alcuni alzando gli occhi dal giornale «Il Tempo», osservavano Federico steso lì sotto all'altezza delle loro ginocchia, informe, infagottato in quel soprabito, senza piedi come una foca, che s'andava staccando dal guanciale macchiato di saliva, e, spettinato, col basco sul cocuzzolo, una guancia rigata dalle pieghe della fodera, si sollevava, si stirava con movimenti informi, da foca, e andava ritrovando l'uso delle gambe, e infilava le pantofole sbagliando di piede, e ora si sbottonava e grattava tra i pullover sovrapposti e la camicia spiegazzata, e faceva scorrere su di loro gli occhi ancora ingrommati, e sorrideva.
Dai finestrini, s'apriva larga la campagna romana. Federico stette un po' lì con le mani sulle ginocchia, sempre col suo sorriso, poi chiese con un gesto il permesso di prendere il giornale di sulle ginocchia del suo dirimpettaio. Scorse i titoli, avvertì come sempre il senso di trovarsi in un paese remoto, guardò olimpico gli archi degli acquedotti che correvano fuori dal finestrino, restituì il giornale, s'alzò a cercare nella borsa il nécessaire.
Alla stazione Termini, il primo a saltar giù dal vagone, fresco come una rosa, era lui. In mano stringeva il gettone. Nelle nicchie tra i pilastri e gli stand, i telefoni grigi non attendevano che lui. Infilò il gettone, fece il numero, ascoltò col batticuore il trillo lontano, udì il - Pronto... - di Cinzia emergere ancora odoroso di sonno e di soffice tepore, e lui era già nella tensione dei loro giorni insieme, nell'affannosa guerra delle ore, e capiva che non sarebbe riuscito a dirle nulla di quel che era stata per lui quella notte, che già sentiva svanire, come ogni perfetta notte d'amore, al dirompere crudele dei giorni.

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