dipinto di Mario Tozzi
L’assaggiatrice – Giuseppina Torregrossa
Accarezzo Hamed, le
mie mani scivolano sui suoi vestiti, si soffermano sulla sua pelle, le osservo
mentre si muovono al suono della musica. Sono piccole, tonde e grassottelle, ma
il gesto le fa sembrare eleganti, lunghe, affusolate, mi piace guardarle.
L’armonia aleggia nell’aria, circonda i nostri corpi e li fa vibrare intensamente.
Gli apro i pantaloni e mi assale un’inquietudine che diventa sempre più forte,
sempre più spessa, si condensa attorno a noi e riempie lo spazio piccolo della
cucina. Mi fermo a respirare, mi stacco da Hamed, chiudo gli occhi, l’aria
calda mi attraversa il naso, la gola e mi rende più calma, fa sedimentare la
passione. Assaggio un po’ di vino e aspetto che lui prenda l’iniziativa. Ma non
si muove, fermo e sorridente continua a guardarmi e poi sussurra: «Scendi sulla
mia pancia, passa la tua bocca qui», mi mostra un sesso duro e forte, «adesso
soffia».
Eseguo con un po’ di
esitazione, domandandomi cosa farò quando sarà sparito e alla noia di tutti i
giorni si aggiungerà la tristezza per la sua lontananza; ma poi vuoto la mente
di ogni malinconia e scelgo di assecondarlo.
Hamed assapora il
momento, assaggia la pignoccata, ognittanto beve mentre io continuo. Il suo
corpo mi guida senza bisogno di parole, ma mi prende di nuovo la curiosità
dannosa di sapere qualcosa di più della sua vita. Lui mi legge nella testa e
forse anche nell’anima; si ferma, mi allontana dolcemente e sembra che abbia
intuito i miei pensieri; Gaetano in tanti anni di matrimonio non l’ha mai
fatto. Poi comincia a parlare: «Fermati e ascolta. Se ci tieni, ti racconto del
vento che mi ha portato da te, ti descrivo alcune delle strade che ho percorso,
così saprai chi e cosa mi ha spinto fin qui».
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