opera di Fernando de Szyszlo
Le città invisibili – Italo CalvinoLe città sottili. 4
La città di Sofronia si compone di due mezze città. In una c’è il
grande ottovolante dalle ripide gobbe, la giostra con la raggiera di
catene, la ruota delle gabbie girevoli, il pozzo della morte con i
motociclisti a testa in giù, la cupola del circo col grappolo dei
trapezi che pende in mezzo. L’altra mezza città è di pietra e marmo e cemento,
con la banca, gli opifici, i palazzi, il mattatoio, la scuola e tutto
il resto. Una delle mezze città è fissa, l’altra è provvisoria e quando
il tempo della sua sosta è finito la schiodano, la smontano e la portano
via, per trapiantarla nei terreni vaghi d’un’altra mezza città.
Così ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di
marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento, smontano il
ministero, il monumento, i docks, la raffineria di petrolio, l’ospedale,
li caricano sui rimorchi, per seguire di piazza in piazza l’itinerario
d’ogni anno. Qui resta la mezza Sofronia dei tirassegni e delle giostre,
con il grido sospeso dalla navicella dell’ottovolante a capofitto, e
comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che
ritorni la carovana e la vita intera ricominci.
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