dipinto di Fernando de Szyszlo
Le città invisibili – Italo Calvino
Le città e il nome. 3
A lungo Pirra è stata per me una città incastellata sulle pendici d’un golfo, con finestre alte e torri, chiusa come una coppa, con al centro una piazza profonda come un pozzo e con un pozzo al centro. Non l’avevo mai vista. Era una delle tante città dove non sono mai arrivato, che m’immagino soltanto attraverso il nome: Eufrasia, Odile, Margara, Getullia. Pirra aveva il suo posto in mezzo a loro, diversa da ognuna di loro, come ognuna di loro inconfondibile agli occhi della mente.
Venne il giorno in cui i miei viaggi mi portarono a Pirra. Appena vi misi piede tutto quello che immaginavo era dimenticato; Pirra era diventata ciò che è Pirra; e io credevo d’aver sempre saputo che il mare non è in vista della città, nascosto da una duna della costa bassa e ondulata; che le vie corrono lunghe e diritte; che le case sono raggruppate a intervalli, non alte, e le separano spiazzi di depositi di legname e segherie; che il vento muove le girandole delle pompe idrauliche. Da quel momento in poi il nome Pirra richiama alla mia mente questa vista, questa luce, questo ronzio, quest’aria in cui vola una polvere giallina: è evidente che significa e non poteva significare altro che questo.
La mia mente continua a contenere un gran numero di città che non ho visto né vedrò, nomi che portano con sé una figura o frammento o barbaglio di figura immaginata: Getullia, Odile, Eufrasia, Margara. Anche la città alta sul golfo è sempre là, con la piazza chiusa intorno al pozzo, ma non posso più chiamarla con un nome, né ricordare come potevo darle un nome che significa tutt’altro.
A lungo Pirra è stata per me una città incastellata sulle pendici d’un golfo, con finestre alte e torri, chiusa come una coppa, con al centro una piazza profonda come un pozzo e con un pozzo al centro. Non l’avevo mai vista. Era una delle tante città dove non sono mai arrivato, che m’immagino soltanto attraverso il nome: Eufrasia, Odile, Margara, Getullia. Pirra aveva il suo posto in mezzo a loro, diversa da ognuna di loro, come ognuna di loro inconfondibile agli occhi della mente.
Venne il giorno in cui i miei viaggi mi portarono a Pirra. Appena vi misi piede tutto quello che immaginavo era dimenticato; Pirra era diventata ciò che è Pirra; e io credevo d’aver sempre saputo che il mare non è in vista della città, nascosto da una duna della costa bassa e ondulata; che le vie corrono lunghe e diritte; che le case sono raggruppate a intervalli, non alte, e le separano spiazzi di depositi di legname e segherie; che il vento muove le girandole delle pompe idrauliche. Da quel momento in poi il nome Pirra richiama alla mia mente questa vista, questa luce, questo ronzio, quest’aria in cui vola una polvere giallina: è evidente che significa e non poteva significare altro che questo.
La mia mente continua a contenere un gran numero di città che non ho visto né vedrò, nomi che portano con sé una figura o frammento o barbaglio di figura immaginata: Getullia, Odile, Eufrasia, Margara. Anche la città alta sul golfo è sempre là, con la piazza chiusa intorno al pozzo, ma non posso più chiamarla con un nome, né ricordare come potevo darle un nome che significa tutt’altro.
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